News/Test del DNA errato? Sì al danno parentale anche senza legami di sangue

Il danno conseguente alla perdita del rapporto parentale deve essere riconosciuto a prescindere dal legame di sangue, o dall’esistenza in vita della persona perduta.
La lesione sussiste se risulta compromessa una relazione caratterizzata da stabilità, consuetudini di vita e abitudini comuni, che creano quel sentimento di protezione e sicurezza tipico del rapporto padre-figlio.
Nella liquidazione del danno non patrimoniale di cui all'articolo 2059 cod. civ. occorre valutare l’aspetto della sofferenza morale e dell’alterazione delle attività dinamico relazionale tra i soggetti.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20835/2018, chiarisce che la lesione causata dalla perdita del legame parentale, spetta anche in assenza di consanguineità, se esiste un rapporto affettivo.

Il caso
La vicenda ha inizio quando una donna si rivolge alla struttura sanitaria di Como per far svolgere il test del DNA sul figlio e far accertare la paternità dello stesso, avendo intrattenuto alcune relazioni contemporaneamente.
Il test attribuisce la paternità ad un uomo che si scopre a distanza di tre anni, non essere, invece, il padre naturale del bimbo. Il padre si allontana dal minore.
La donna inizia l’iter giudiziario rivolgendosi al tribunale per avere il risarcimento di tutti i danni subiti da lei e dal figlio in seguito all’errata esecuzione dell’accertamento effettuato dai medici della struttura sanitaria, chiedendo in particolare di essere risarcita per il danno causato al bambino, derivante dalla perdita della relazione con il padre e i nonni, con i quali era stata instaurata una relazione affettiva.
Il tribunale condanna il medico e l’azienda sanitaria a pagare al figlio e alla madre la somma di euro 38.800 per danno non patrimoniale da lesione dell’integrità psico-fisica nella misura dell’11 % per il figlio e del 5% per la madre in base alle tabelle del danno biologico del Tribunale di Milano.
I giudici respingono, invece, la richiesta di danno da perdita del rapporto parentale, non risultando provata l’esistenza del legame affettivo.

In sede di appello, la Corte aumenta l’entità del risarcimento portandolo ad euro 47.000 sempre a titolo di danno non patrimoniale, con esclusione del danno da perdita del rapporto parentale dovuta all’assenza del rapporto di parentela con il bimbo.

In Cassazione la donna ritiene violate le norme sul risarcimento del danno, e fa rilevare l’errore in cui sarebbe occorsa la Corte d’appello nel negare la risarcibilità del danno da lesione parentale, poiché pur in assenza di legame di sangue, era già stato creato tra il bambino e padre (e i nonni paterni) un rapporto significativo.

Il riconoscimento del danno da lesione parentale
La Corte di Cassazione, censurando la motivazione della Corte territoriale, afferma che la lesione del rapporto parentale deve essere riconosciuta a prescindere dal legame di sangue, o dall’esistenza in vita della persona perduta.
Il danno sussiste se risulta compromesso un legame caratterizzato da stabilità, consuetudini di vita e abitudini comuni, che creano quel sentimento di protezione e sicurezza tipico del rapporto padre-figlio.
L’entità del danno è invece riconfermata dalla Cassazione, avendo la Corte d’appello milanese già elevato l’importo liquidato dal tribunale, nel quale è ricompreso anche il danno derivante dalla sofferenza morale e dalla modificazione dei rapporti relazionali.
La giurisprudenza della Cassazione ha definito la perdita del legame parentale come “…vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell’irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti tra moglie e marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonché nell’alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti” (Cass. Civ. 9 maggio 2011 n. 10107).
Con la decisione odierna la Corte di Cassazione riconosce tale tipo di lesione anche di là dalle ipotesi di morte di un prossimo congiunto e anche in assenza di consanguineità tra i soggetti.


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