I giudici hanno ritenuto che la condotta del paziente non fosse una causa d’impossibilità sopravvenuta, bensì una condotta conseguente all’inadempimento altrui, volta ad evitare un danno maggiore. Per la Corte, dunque, la domanda di rimborso è fondata: l’azienda sanitaria ha differito una prestazione urgente, costringendo così i familiari a rivolgersi a un’altra struttura e a sostenere delle spese non previste.