Il mantenimento del figlio ormai maggiorenne è un obbligo che grava sul genitore che non vive abitualmente con il figlio, finquando tale figlio non diventa economicamente indipendente.
In realtà anche il genitore convivente con il figlio sarà tenuto a contribuire al mantenimento, ma lo farà direttamente ossia continuerà a dargli un tetto sulla testa, a pagargli la spesa e le bollette di casa, a fargli trovare un ambiente pulito e così via.
Il genitore separato e non convivente dovrà passare un “assegno di mantenimento” al genitore con cui convive il figlio (spesso ciò accade quando permane l’obbligo da quando il figlio era minorenne), o direttamente al figlio stesso (quando per es. il figlio era già ultra-maggiorenne al momento della separazione dei genitori).
L’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne perdura certamente per consentire al figlio di terminare il percorso universitario intrapreso ed è assolutamente tollerato un ritardo nella media, magari dovuto a normali difficoltà scolastiche, anche tenendo conto della difficoltà del percorso scolastico scelto.
Ma l’iscrizione all’università non può bastare ed essere sufficiente per decretare il diritto del figlio a percepire l’ assegno di mantenimento del padre. Rileva a tal fine che il figlio , studente universitario, abbia allo stesso tempo un contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche se part-timee che ha un'età di circa 30 anni .
⇒(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1 ordinanza n 11186/20; depositata l’11 giugno)⇐
Se il figlio ha circa 30 anni ed ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche se part-time, il suo ritardo nel portare avanti il percorso di studi universitari non può consentirgli di pretendere ancora un sostegno economico da suo padre.
FATTO
Vittoria in primo grado per il papà, che vede ridotto a 300 euro «l’assegno dovuto alla ex coniuge per concorso nel mantenimento del figlio» che è maggiorenne ma, secondo i giudici, «non economicamente autosufficiente». Tale visione viene confermata in appello, con conseguente risposta negativa alla richiesta dell’uomo di vedere cancellato il mantenimento a favore del figlio.
CASSAZIONE
La Cassazione rimette tutto in gioco e ritiene plausibile la richiesta avanzata dal padre.
L’uomo spiega che «la semplice iscrizione del figlio all’università non è sufficiente a giustificare il permanere dell’obbligo» a fornirgli sostegno economico, anche perché viene accertato «lo svolgimento di un’ attività lavorativa del figlio in ragione di un contratto di lavoro anche se part-time a tempo indeterminato».
I Giudici della Cassazione non condividendo la decisione presa in secondo grado perché, a fronte dello «svolgimento di attività lavorativa da parte del figlio» e della «prosecuzione della sua formazione professionale attraverso gli studi universitari», non sembrano emergere circostanze che possano giustificare «il permanere dell’obbligo al mantenimento» da parte del padre, tenendo presente anche l’età – circa 30 anni – del ragazzo.
Ora sarà necessario un nuovo processo in appello, dove bisognerà riprendere in esame la richiesta del genitore e valutare con attenzione la posizione del figlio.
(Cassazione, ordinanza n. 11186/20, sezione sesta civile, depositata l’11 giugno.)
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