Assegno divorzile: La Suprema Corte conferma l'addio al parametro del tenore di vita
Lo squilibrio economico tra le parti e l'alto livello reddituale del coniuge destinatario della domanda non costituiscono elementi decisivi per l'attribuzione e la quantificazione dell’assegno divorzile. I parametri su cui fondare l’accertamento del diritto all’assegno di divorzio sono la non autosufficienza economica e/o necessità di compensazione del particolare contributo dato da un coniuge durante la vita matrimoniale.
Con l’ordinanza n. 24934 del 7 ottobre 2019 , la Corte di Cassazione ha ribadito la natura assistenziale dell’assegno divorzile di cui all'articolo 5 della L. 1° dicembre 1970, n 898, escludendone la funzione riequilibratrice dei redditi dei coniugi, in quanto collegata al principio, ormai superato, del tenore di vita goduto.
Il caso
Il Tribunale di Milano, decidendo sulla domanda di divorzio, aveva disposto che la madre contribuisse al mantenimento della figlia minore, affidata ad entrambi i genitori ma collocata prevalentemente presso il padre, solo mediante il rimborso del 50% delle spese straordinarie, con esclusione, dunque, di un importo mensile ordinario.
La sentenza, inoltre imponeva al marito di corrispondere all’ex moglie l'assegno divorzile nella misura di euro 680,00 mensili.
Anche la Corte d’appello, confermava la decisione di primo grado, facendo riferimento alla conservazione del tenore di vita matrimoniale della coppia, tenuto conto della disparità economica tra gli ex coniugi.
Il marito aveva un reddito di lavoro molto più elevato della ex moglie e disponeva di un rilevante patrimonio immobiliare, in parte di origine ereditaria, e dei vantaggi economici derivanti dall'unione con un nuovo compagno.
La donna, invece percepiva una retribuzione di euro 2000,00 mensili da lavoro impiegatizio, aveva acquistato un appartamento con i ricavi della vendita della casa coniugale in comproprietà con l'ex marito e con un mutuo, ed era titolare di assegno di mantenimento ottenuto in sede di separazione consensuale.
L’uomo ricorre in Cassazione, e ottiene ragione dalla Corte suprema.
Superato il criterio della disparità reddituale tra i coniugi ai fini del mantenimento
In primo luogo, quanto alla contribuzione del mantenimento per la figlia minore (diventata maggiorenne in corso di causa), la Corte milanese ha errato perché ha ignorato i parametri normativi per la determinazione del contributo, la proporzionalità di esso ai redditi, ma anche ai compiti di cura assolti da ogni genitore, trascurando che il padre conviveva con la ragazza e provvedeva da solo al suo mantenimento.
Ogni genitore è tenuto al mantenimento dei figli, anche maggiorenni, nei limiti delle proprie disponibilità, non essendo consentito a uno di essi di essere totalmente o parzialmente esonerato solo perché l'altro genitore abbia migliori condizioni reddituali.
Il secondo e il terzo motivo di ricorso riguardano l’assegno di divorzio.
Come confermato dalle Sezioni Unite:
a) il parametro della conservazione del tenore di vita è stato sostituito dal criterio dell’autosufficienza economica seppure con qualche correzione;
b) l'onere di provare l'esistenza delle condizioni che giustificano l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno, grava sul coniuge richiedente, mentre in passato si poneva l'onere di provare l'insussistenza delle relative condizioni a carico del coniuge potenzialmente obbligato;
c) l'assegno svolge una finalità principalmente assistenziale con la quale può concorrere, in determinati casi, quella compensativa.
Lo squilibrio economico tra le parti e l'alto livello reddituale del coniuge destinatario della domanda, non costituiscono, da soli, elementi decisivi per l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno.
Il parametro dell’adeguatezza dei mezzi o della possibilità di procurarseli per ragioni oggettive va riferito sia alla possibilità di vivere autonomamente e dignitosamente, sia all'esigenza compensativa del coniuge più debole per le aspettative professionali sacrificate, per avere dato, su accordo delle parti, un decisivo contributo alla formazione del patrimonio comune e dell'altro coniuge (cfr. Cass. Civ. n. 6386 del 2019).
Ha errato pertanto la Corte di merito omettendo di valutare l'adeguatezza dei redditi della ex moglie, sufficienti, nel caso specifico, a garantirle un tenore di vita autonomo e dignitoso, e non omettendo la contribuzione del mantenimento ordinario nei confronti della figlia convivente col padre.
fonte altalex
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