La S.C., sancisce che è risolto ex art. 1463 c.c., per impossibilità sopravvenuta della prestazione, il contratto di viaggio “tutto compreso” allorché, per un evento grave ed imprevisto (nella specie: malattia), non possa darsi luogo all’attuazione della causa concreta allo stesso sottesa.
Il fatto
La S.C. è adita dalla parte soccombente in appello e, specificamente dall’operatore turistico (“Settemari s.p.a.”) che deduce, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 1463, 1256, 1325 e 1345 c.c., ed art. 3 Cost.; e contesta l'interpretazione degli artt. 1463 e 1345 c.c., assumendo che il giudice d'appello aveva confuso la causa del contratto con i motivi di esso. Nella specie, la parte ricorrente lamenta di aver subito uno spostamento del rischio dell’imprevisto interamente a proprio carico.
La normativa
Art. 1463 c.c. (impossibilità totale): nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta, non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuto secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito.
La Corte ha rigettato il ricorso, dichiarando taluni motivi infondati ed altri inammissibili.
Circa il primo rilievo, la S.C., osserva che il Tribunale ha fatto corretta applicazione delle norme sopra richiamate, inquadrando la fattispecie in esame nell'ipotesi in cui la causa del contratto, consistente nella fruizione di un viaggio con finalità turistica, diviene inattuabile per una causa di forza maggiore, non prevedibile e non ascrivibile alla condotta dei contraenti.
Al riguardo, la Corte ha avuto modo di chiarire che "la causa in concreto (quale scopo pratico del contratto) - in quanto sintesi degli interessi che il singolo negozio è concretamente diretto a realizzare, al di là del modello negoziale utilizzato - conferisce rilevanza ai motivi, sempre che questi abbiano assunto un valore determinante nell'economia del negozio, assurgendo a presupposti causali, e siano comuni alle parti o, se riferibili ad una sola di esse, siano comunque conoscibili dall'altra" (cfr. Cass. 8100/2013; Cass. 12069/2017).
Pertanto il Tribunale, nella congiunta valutazione della causa e dei motivi che avevano indotto all'acquisto del pacchetto turistico, ha dato forma al concetto di "causa concreta del contratto" attinente all'aspetto della funzione economico-individuale del negozio giuridico posto in essere e, valutando il gravissimo impedimento che non aveva consentito ai contraenti di fruirne, ha correttamente applicato il principio sopra enunciato con il quale la previsione di cui all'art. 1463 c.c., risulta perfettamente compatibile, con riferimento a tutti i contraenti.
La S.C., inoltre, chiarisce la portata dell’istituto della risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, specificando che può essere invocato da entrambe le parti del rapporto obbligatorio sinallagmatico (e, cioè, sia dalla parte la cui prestazione sia divenuta impossibile sia da quella la cui prestazione sia rimasta possibile) con la conseguente possibilità di attivare i rimedi restitutori, ai sensi dell'art. 1463 c.c.
In particolare, l'impossibilità sopravvenuta della prestazione non ricorre solo nel caso in cui sia divenuta impossibile l'esecuzione della prestazione del debitore, ma anche nel caso in cui sia divenuta impossibile l'utilizzazione della prestazione della controparte, quando tale impossibilità sia comunque non imputabile al creditore e il suo interesse a riceverla sia venuto meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente estinzione dell'obbligazione".
Ne deriva di conseguenza che deve escludersi la validità dell’assunto per cui l'impossibilità sopravvenuta debba essere necessariamente ricollegata al fatto di un terzo: la non imputabilità al debitore (ex art. 1256 c.c.) non restringe il campo delle ipotesi ma, per quanto sopra argomentato, consente di allargare l'applicazione della norma a tutti i casi, meritevoli di tutela, in cui sia impossibile, per eventi imprevedibili e sopravvenuti, utilizzare la prestazione oggetto del contratto.
L'art. 1463 c.c., assume una funzione di protezione in relazione alla parte impossibilitata a fruire della prestazione pattuita ed è, dunque, funzionale, proprio alla ricostituzione del sinallagma compromesso, non spostando l'ambito contrattuale della responsabilità dovendosi, piuttosto, affermare che la disciplina- correttamente applicata dal Tribunale – deve essere interpretazione tenendo conto sia del rischio generale connaturato all'attività imprenditoriale sia del dovere di solidarietà sociale universalmente applicabile (Cass. 14662/2015).
Altalex.