Locazione : valida la clausola che addossa al conduttore tutti i tributi sull’immobile
In tema di locazione, è insorto un contrasto interpretativo nella giurisprudenza di legittimità in merito alla legittimità della clausola contrattuale che attribuisca al conduttore di farsi carico di ogni tassa, imposta ed onere relativo ai beni locati, tenendone conseguentemente manlevato il locatore.
Sulla questione si pronuncia la Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, con la sentenza 8 marzo 2019, n. 6882.
La Suprema Corte affronta dunque il delicato tema della validità della clausola contrattuale che pone a carico del conduttore il pagamento delle tasse sull’immobile. Si tratta di una pronuncia particolarmente importante, poichè stravolge le regole sul pagamento di Imu ed Ici in caso di locazione immobiliare.
IL CASO
Al fine di meglio inquadrare la questione giuridica problematica, ripercorriamo, seppur brevemente, la vicenda da cui ha avuto origine la pronuncia che ci accingiamo ad esaminare nel dettaglio.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Firenze, aveva respinto il gravame interposto dalla società S.S.C. in relazione alla pronuncia del Trib. di Prato di rigetto della domanda di accertamento e declaratoria del vantato diritto alla restituzione degli importi versati alla società M.I. in virtù del contratto di locazione ad uso ufficio per la durata di anni 18. Secondo la società conduttrice, non erano dovuti alcuni importi previsti dal contratto: in particolare, le voci di tassa, imposta e onere relativo.
Dunque, si trattava di una nullità discendente dall'essere la detta clausola in realtà volta a riversare l'onere tributario relativo all'ICI e all'IMU gravanti sull'immobile locato, su un soggetto diverso da quello passivo tenuto per legge a subire il relativo sacrificio patrimoniale, e quindi in chiaro contrasto con il principio, costituzionalmente sancito, di concorso alla spesa pubblica in ragione della (e non oltre la) propria capacità contributiva, nonce con la L. n. 392 del 1978, articolo 89, che non indica in alcun modo, tra gli oneri accessori a carico del conduttore, ivi tassativamente elencati, anche le imposte patrimoniali relative ai beni locati.
CASSAZIONE
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito, la società conduttrice ha proposto ricorso per cassazione affidato a 4 motivi.
Con ordinanza interlocutoria n. 28437 del 2017, la Terza Sezione della Corte di Cassazione ha osservato che il giudice del gravame ha nell'impugnata sentenza ritenuto valida la clausola del contratto di locazione ad uso diverso da abitazione che si riporta di seguito: “nel corso dell’intera durata del contratto.., il conduttore di farà carico di ogni tassa, imposta e onere relativo ai beni locati ed al presente contratto, tenendo conseguentemente manlevato il locatore relativamente agli stessi, il locatore sarà tenuto al pagamento delle tasse, imposte e oneri relativi al proprio reddito”, non prevedendo essa un obbligo diretto della conduttrice verso il fisco di pagamento delle imposte a vario titolo gravanti sull'immobile, bensì meramente che "si faccia carico, nei confronti della locatrice, dei relativi oneri", a tale stregua tale pattuizione non determinando nella specie una traslazione in capo alla conduttrice delle imposte gravanti sull'immobile a carico della proprietaria/locatrice, bensì la mera integrazione del canone di locazione dovuto.
Ed inoltre, il giudice del gravame non aveva riconosciuto pregio all'assunto della locatrice secondo cui la L. n. 212 del 2000, art. 8 (c.d. Statuto del contribuente), nel prevedere (recependo il principio affermato da Cass., Sez. Un., n. 6445 del 1985) "l'accollo del debito d'imposta altrui senza liberazione del contribuente originario", aveva espressamente ammesso la negoziabilità del debito d'imposta, con l'unico limite posto dell'impossibilità di liberare l'originario contribuente. La Sezione rimettente ha sottolineato come la liceità del patto di traslazione dell'imposta involga in termini più generali la problematica se l'obbligo costituzionalmente rilevante di concorrere alle spese pubbliche in ragione della rispettiva capacità contributiva abbia un significato anche soggettivo (nel senso che il relativo adempimento debba non solo essere compiuto oggettivamente in modo completo, ma altresì esclusivamente dal soggetto che per legge ne ha l'obbligo, con impossibilità pertanto di trasferire il debito tributario a soggetto diverso) ovvero esclusivamente oggettivo (nel senso di obbligo da assolvere in quanto giustificato da espressione di capacità contributiva).
La Sezione rimettente ha, altresì, precisato che, pur essendo da tempo chiamata ad affrontare la tematica di cui si tratta, non sia in realtà mai pervenuta ad una uniformità ermeneutica sulla questione.
Entrando nel vivo della questione controversa, seppur in termini essenziali, si precisa che si tratta di stabilire se sia valida la clausola di un contratto di locazione che attribuisca al conduttore di farsi carico di ogni tassa, imposta ed onere relative ai beni locate ed al contratto, tenendone conseguentemente manlevato il locator e se, al di là delle ipotesi in cui vi siano divieti espressi di traslazione da parte di specifiche norme tributarie, l'art. 53 Cost. possa ritenersi costituire un limite generale all'autonomia privata in tema di individuazione del soggetto passivo dell'imposta, impedendo alle parti private di neutralizzare pattiziamente gli effetti della capacità contributiva; nonchè di quello se la sussistenza di un limite all'autonomia negoziale possa essere presidiato dall'istituto della nullità, in relazione ad un accordo di traslazione palese di imposta patrimoniale posto in una scrittura contenente un contratto a prestazioni corrispettive, qual è il contratto di locazione de quo.
Al fine di addivenire ad una soluzione delle questioni sopra appena riportate, la Cassazione a Sezioni Unite è partita dall’analisi di due precendenti in cui si era già espresso sulla problematica, ovvero le sentenze (sempre a SSUU) del 1985, numero 5 e 6445, che però erano inerenti alle imposte dirette.
La prima sentenza n. 5/1985 aveva dichiarato nulla, in termini generali, la clausola che riversi su un altro soggetto il peso della propria imposta, sia ai sensi dell’art. 1418 c.c., co. 1, che per contrasto con l’articolo 53 Cost. della clausola con la quale venga convenuta l’imposizione a carico del mutuatario di quanto il mutuante è tenuto a versare all’erario.
Con la secondo pronuncia n. 6445/1985, invece, i giudici avevano chiarito che il patto traslativo di imposta è nullo per illiceità della causa, contraria all’ordine pubblico, solo quando esso comporti che effettivamente l’imposta non venga corrisposta al fisco dal percettore del reddito. Si tratta dell’ipotesi di rivalsa facoltativa, quando il sostituto viene a perdere la qualità tipica di mero anticipatore del tributo, non corrisposto al fisco, nè recuperate dal sostituto medesimo, sicchè effettivamente il dovere tributario non viene adempiuto, pur verificandosi un aumento di ricchezza del contribuente. Non anche nell’ipotesi in cui l’imposta è stata regolarmente pagata dal contribuente al fisco, cioè quando l’obbligazione di cui si stipula l’accollo non ha per oggetto direttamente il tributo, nè mira a stabilire che esso debba essere pagato da soggetto diverso dal contribuente, ma riguarda una somma di importo pari al tributo dovuto ed ha la funzione di integrare il prezzo della prestazione negoziale.
Pur pervenendo a soluzione opposta a quella raggiunta nella sentenza n. 5 del 1985, in quest’ultima pronunzia le Sezioni Unite hanno posto invero a relativo fondamento gli stessi presupposti argomentativi della precedente, ribadendone la validità. In particolare, hanno confermato il carattere di centralità che il dovere tributario è venuto assumendo nella Costituzione repubblicana, il cui art. 53 si pone come fonte immediata ed imperativa la cui violazione può comportare la sanzione della nullità delle manifestazioni di autonomia negoziale con esso confliggenti. Hanno sottolineato che l’autonomia privata non può alterare i connotati dei tributi diretti, strutturati in modo che ad ogni capacità contributiva debba corrispondere inderogabilmente una riduzione del patrimonio del titolare della capacità contributiva stessa (per mutuare l’espressione alla sentenza n. 5 del 1985, cit. ), poiché, alla stregua dei principi scaturenti dal coordinamento degli artt. 2 e 53 la Costituzione esige che quel concorso, imposto al contribuente, incida sul suo patrimonio.
Hanno quindi ritenuto che con il contratto di locazione di cui si tratta, sia pure con due distinte clausole contrattuali, le parti hanno voluto determinare il canone locativo in due diverse componenti, rappresentate l’una dalla parte espressamente qualificata come tale ed oggetto della pattuizione contenuta nell’art. 4 e l’altra come componente integrante tale misura, costituita dalla pattuizione specificamente oggetto della domanda di nullità azionata.
Il principio delineato da Cass., Sez. Un., n. 6445 del 1985, condiviso dalla dottrina maggioritaria, ha successivamente ricevuto costante conferma da parte della Corte, venendo a costituire principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità.
Orbene, il Collegio ha ritenuto e ritiene che le doglianze mosse dalla ricorrente non siano idonee a mettere in dubbio la correttezza della soluzione raggiunta nel 1985, e non inducano a dover rimeditare un orientamento interpretativo che al contrario merita di essere ulteriormente confermato.
Il legislatore ha ritenuto di vincolare l’autonomia negoziale dei contraenti soltanto per quanto attinente alla durata del contratto, alla tutela dell’avviamento e alla prelazione, mentre l’ammontare del canone locativo è lasciato alla libera determinazione delle parti, che possono ben prevedere l’obbligazione di pagamento per oneri accessori.
La pattuizione di cui si tratta, in realtà, trae origine dalle negoziazioni intercorse tra le parti, sfociate nell’operazione di safe and lease back. Inoltre, si precisa che la stessa previsione della fatturazione del rimborso degli oneri per imposte, risulta invero coerente con la natura di rimborso di tale componente del canone, poiché è ben vero che le relative imposte sono pur sempre sostenute dal proprietario dell’immobile e l’ente impositore individua in esso il soggetto che è tenuto a farvi fronte, ma questo si disinteressa se poi, per accordo privato, i contraenti scelgano di operare un rimborso o una diversa forma di pagamento variamente posta a carico del conduttore.
La Suprema Corte di Cassazione ha precisato che, “ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il principale strumento rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate va verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, le singole clausole dovendo essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell’art. 1363 c.c., giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato”.
Sostanzialmente, gli Ermellini, muovendo dal dato letterale e intendendo il termine “manlevare” nel senso di “operare un rimborso a carico del conduttore”, hanno considerato la clausola di cui si tratta alla stregua del complessivo tenore del contratto, rilevando che le parti abbiano nella specie determinato il canone in due diverse componenti, ovvero con due distinte clausole contrattuali di un unico atto. Di conseguenza, hanno considerato la clausola contrattuale in coerenza con gli interessi delle parti.
CONCLUSIONI
In conclusione, dall’analisi della sentenza in oggetto, è possibile estrapolare il seguente principio di diritto, ovvero che “è legittima nel contratto di locazione ad uso diverso da abitazione la clausola secondo cui il conduttore deve farsi carico di ogni tassa, imposta e onere relativo ai beni locati, tenendo «manlevato» il locatore, dovendosi ritenere che detta pattuizione non determini la traslazione in capo al conduttore dei tributi gravanti sull'immobile a carico del proprietario/locatore, ma la mera integrazione del canone di locazione”. Le SSUU hanno affermato, altresì, che la clausola del contratto di locazione che attribuisca al conduttore l’obbligo di farsi carico di ogni tassa, imposta ed onere relativi ai beni locati ed al contratto, tenendone conseguentemente manlevato il locator, non è affetta da nullità per violazione di norme imperative, nè in particolare per violazione del precetto costituzionale dettato dall’art. 53 della Costituzione, qualora essa sia stata prevista dalle parti come componente integrante la misura del canone locativo e non implichi che il tributo debba essere pagato da un soggetto diverso dal contribuente, trattandosi in tal caso di pattuizione da ritenersi in via generale consentita in mancanza di una specifica diversa disposizione di legge.
Se hai bisogno di un consiglio non esitare a contattarci, saremo lieti di trovare la soluzione più adatta al tuo problema.
fonte altalex