L’articolo 1, comma 186, della legge n. 197/2022 ha introdotto una definizione agevolata delle liti fiscali in cui è parte l’Agenzia delle entrate o l’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Si tratta delle controversie pendenti al 1° gennaio 2023 in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di cassazione.
La chiusura del contenzioso fiscale consiste nella possibilità di pagare un importo pari al valore della lite, venendo meno le sanzioni e gli interessi; inoltre, a scomputo del dovuto, si possono conteggiare tutti gli importi che nel frattempo sono stati eventualmente pagati in forza della c.d. “riscossione frazionata” in pendenza del contenzioso.
Ma come funziona e quanto costa la definizione agevolata delle liti pendenti introdotta dalla legge di bilancio 2023?
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Cosa si intende per liti fiscali pendenti?
Le liti sono pendenti
Ovviamente la situazione deve essere cristallizzata al 1° gennaio 2023; questo significa che non rilevano ricorsi presentati successivamente, così come non rileva l’eventuale scadenza dei termini di impugnazione sempre in data successiva.
L’importante è che al 1° gennaio 2023 esistesse ancora una lite non passata in giudicato.
In definitiva si tratta dei ricorsi aventi come controparte l’Agenzia delle Entrate.
I contenziosi con gli enti territoriali
Resta invece “nebulosa” la definizione nei confronti degli atti emessi dagli enti territoriali. Al momento , ogni Ente ha piena facoltà di decidere se introdurre o meno una definizione delle liti.
Gli importi da pagare
La definizione delle liti fiscali passa da un assunto di fondo: non sono dovute le sanzioni e gli interessi, ma si paga solo la sorte capitale in termini di imposte.
La norma dispone che per ciascuna controversia occorre presentare, entro il 30 giugno 2023, un’apposita domanda ed effettuare il pagamento, sempre entro la stessa data, dei seguenti importi:
Si stabilisce che le modalità di attuazione della definizione saranno definite da appositi provvedimenti del direttore della Agenzia fiscale di competenza.
Dagli importi dovuti vanno sottratti quelli già versati, a qualsiasi titolo, in pendenza di giudizio.
In caso di accoglimento parziale del ricorso, o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e la competente Agenzia fiscale, l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni è dovuto per intero relativamente alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale e in misura ridotta, con le percentuali sopra indicate, per la parte di atto annullata.
La procedura da seguire
La definizione si perfeziona con la presentazione di una apposita domanda.
Il pagamento dell’importo dovuto, come in precedenza determinato, deve essere versato in unica soluzione entro il 30.06.2023.
Se l’importo dovuto supera i 1.000 euro, è ammessa la ripartizione in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo (da versare entro il 30.6 il 30.9, il 20.12 e il 31.3 di ogni anno). Nel caso di pagamento rateale, la definizione si perfeziona al pagamento della prima rata.
Se non risultano somme da versare, è sufficiente presentare la domanda.
Da sottolineare che nel provvedimento si legge:
“Dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. Non si dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa”.
Con una risoluzione ad hoc l’Agenzia delle Entrate indicherà il codice tributo da inserire nel modello F24 per procedere con i versamenti.
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