Colpa medica e morte prematura del paziente: no al danno da perdita di chance.
La morte anticipata non è risarcibile se le condizioni del malato sono tali da escludere la possibilità di sopravvivenza.
In ambito di responsabilità medica, tra le varie conseguenze dannose, può verificarsi il cosiddetto danno da perdita di chance. Si tratta della perdita o della riduzione della possibilità di giungere alla guarigione o di ottenere una sopravvivenza più lunga. È un pregiudizio di natura non patrimoniale, che risulta risarcibile, se si dimostra il nesso causale tra la possibilità perduta e la condotta imperita del sanitario; inoltre, deve trattarsi di un pregiudizio apprezzabile, serio e consistente. La morte anticipata del paziente non integra un danno da perdita di chance, se le condizioni del malato sono tali da escludere la possibilità di sopravvivenza, anche in assenza di ritardi terapeutici.
Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza 11 novembre 2019 n. 28993.
La vicenda
Una donna si sottoponeva ad un intervento chirurgico per asportare un tumore, successivamente si verificavano delle complicazioni; con ritardo, veniva eseguita un’ulteriore operazione, a seguito della quale la paziente decedeva. I suoi eredi agivano in giudizio contro la struttura sanitaria per ottenere il risarcimento del danno patito. In primo e in secondo grado, la domanda attorea veniva rigettata, giacché i giudici ritenevano non provato il nesso causale tra la condotta medica e il decesso della donna. Si giunge così in Cassazione, ove i ricorrenti, tra i vari motivi, si dolgono del mancato riconoscimento della lesione del danno da perdita di chance terapeutiche. La donna, infatti, secondo i congiunti, avrebbe potuto ancora vivere diversi anni, se l’intervento fosse stato eseguito correttamente.
La Corte sottolinea come il danno da perdita di chance abbia origine giurisprudenziale, stante il colpevole silenzio del legislatore. La suddetta tipologia di pregiudizio appare, la prima volta, in una pronuncia della sezione lavoro (Cass. 6506/1985), che si esprimeva a favore della risarcibilità del danno subito da uno dei partecipanti ad un concorso al quale, dopo aver brillantemente superato la prova scritta, veniva impedita la partecipazione agli orali.
Solitamente, la perdita di chance viene ricondotta al danno patrimoniale, mentre ne è dibattuta la forma, ossia se rientri nel danno emergente o nel lucro cessante. Emerge come, nel tempo, la ricostruzione del danno da perdita di chance sia stata caratterizzata da due errori logici di fondo (i giudici di legittimità si esprimono in termini di “duplice paralogismo”):
considerare la chance perduta come un pregiudizio solo patrimoniale,
sovrapporre il nesso causale con l’oggetto della perdita, ossia il sacrificio di un risultato migliore (Cass. 5641/2018).
La sentenza in commento confuta i suddetti errori e giunge a diverse conseguenze.
Vediamo quali.
Il primo errore, secondo i giudici di legittimità, consiste nel considerare la perdita di chance come un pregiudizio solo patrimoniale. Ebbene, nella pronuncia, si precisa che ne esistono due forme e che ambedue poggiano sul medesimo presupposto: la possibilità di conseguire un risultato migliorativo della situazione preesistente.
-La chance patrimoniale postula la preesistenza di una situazione positiva (come titoli professionali, attitudini specifiche et similia), su cui la condotta colposa del medico agisce negativamente, impedendone un’evoluzione migliorativa.
-La chance non patrimoniale, invece, poggia su una situazione negativa (ad esempio, la presenza di una patologia), che potrebbe migliorare grazie all’intervento medico, che “crea” una chance per il paziente; nondimeno, la condotta imperita del sanitario finisce per “cancellare” la chance di miglioramento che, senza l’operazione clinica, non ci sarebbe stata.
La differenza tra queste due tipologie di perdita di chance emerge sotto il profilo concettuale – come abbiamo appena visto – e sotto l’aspetto risarcitorio. Infatti:
in caso di chance patrimoniale, il giudice deve liquidare il danno facendo riferimento a criteri oggettivi, proporzionali al risultato perduto (ad esempio, «il giudice amministrativo, in alcune sue decisioni, ha adottato il parametro del 10% del valore dell'appalto all'atto del riconoscimento di una perdita di chance di vittoria da parte dell'impresa illegittimamente esclusa»);
in caso di chance non patrimoniale, la liquidazione avviene in via equitativa, commisurata alla possibilità di realizzare il risultato perduto. Per integrare gli estremi del danno risarcibile, la possibilità persa «deve attingere ai parametri della apprezzabilità, serietà, consistenza, rispetto ai quali il valore statistico/percentuale - se in concreto accertabile - potrà costituire al più criterio orientativo, in considerazione della infungibile specificità del caso concreto.
Il secondo degli errori logici posti in rilievo dalla sentenza riguarda il rapporto tra danno da perdita di chance e nesso causale. Il fatto che la chance sia un evento di danno, caratterizzato dalla possibilità perduta di un risultato migliore e soltanto eventuale, non esclude la necessaria indagine sul nesso causale tra la condotta (ad esempio, errata diagnosi) e l'evento (morte prematura). La valutazione del nesso eziologico deve avvenire in base al principio del “più probabile che non”. Pertanto, «l'attività del giudice dovrà muovere dalla previa disamina della condotta (e della sua colpevolezza) e dall'accertamento della relazione causale tra tale condotta e l'evento di danno (la possibilità perduta), senza che i concetti di probabilità causale e di possibilità (e cioè di incertezza) dell'evento sperato possano legittimamente sovrapporsi, elidersi o fondersi insieme» (Cass. 5641/2018).
Al lume di quanto sopra, per accertare il pregiudizio da chance perduta, è necessario:
-operare una disamina della condotta colposa del sanitario,
-accertare il nesso causale tra la condotta e l’evento di danno (vale a dire, la possibilità perduta o il sacrificio della possibilità di conseguire un risultato migliore).
La chance si sostanzia nell’incertezza del risultato, la cui perdita rappresenta il danno. Pertanto, allorché ci si muova al di fuori di una situazione di incertezza, non potrà discorrersi di chance.
Come ricordato, la chance si identifica con l’incertezza del risultato, in cui il danno coincide con la perdita del risultato stesso. Il pregiudizio incide su una situazione soggettiva rilevante, come il diritto alla salute, inoltre, per essere tale, deve trattarsi di una lesione apprezzabile, seria e consistente; in quanto non si tratta di un danno in re ipsa.
I giudici elencano le varie conseguenze dannose (Cass. 5641/2018) che possono scaturire da una condotta colposa del sanitario ed individuano i casi in cui sia ravvisabile la perdita di chance.
A) La condotta colpevole del sanitario, commissiva o omissiva, ha provocato la morte del paziente; se il medico avesse adottato il comportamento corretto (ad esempio, una diagnosi tempestiva), il malato sarebbe guarito (in base alle risultanze della CTU). Pertanto, vi è una situazione di certezza.
In tal caso, l’evento è conseguenza a) della malattia preesistente, b) della condotta colposa del medico. Il sanitario, quindi, è tenuto a rispondere del danno biologico, del danno da lesione del rapporto parentale cagionato ai familiari, ma non della perdita di chance, giacché si registra una situazione di certezza.
B) La condotta colpevole del sanitario, commissiva o omissiva, non ha provocato la morte del paziente (che sarebbe avvenuta comunque), ma una riduzione della sua vita e un peggioramento della qualità della stessa. Il medico risponde del danno coincidente con la perdita anticipata della vita, il pregiudizio non integra una perdita di chance, ma la consapevolezza di aver vissuto meno a lungo, patendo maggiori sofferenze.
C) La condotta colpevole del sanitario non ha inciso sulla malattia o sulla sua durata né sulla morte, ma solo sulla qualità deteriore della vita del paziente; anche in questo caso non si palesa una perdita di chance, ma eventualmente una lesione del diritto all’autodeterminazione. Infatti, il paziente che, ad esempio, abbia ricevuto un’errata diagnosi, non ha perso la chance di conseguire un risultato migliore (come la guarigione o la sopravvivenza più lunga, con minori patimenti); al contrario, gli è stato negato il diritto di autodeterminarsi; ossia di scegliere liberamente come comportarsi se avesse avuto la consapevolezza delle proprie condizioni di salute (Cass. 7260/2018).
D) La condotta del sanitario, seppur colposa, non ha avuto alcuna incidenza causale sullo sviluppo della malattia, sulla sua durata e sulla qualità della vita; pertanto, il medico non risponde.
E) La condotta del medico ha cagionato un evento di danno incerto, è impossibile accertare se, in assenza del comportamento del sanitario, lo sviluppo della malattia sarebbe stato più lento, la vita sarebbe durata maggiormente e con minori sofferenze. Tale incertezza (detta “incertezza eventistica”) è la sola che consente di parlare di perdita di chance. Il suddetto pregiudizio «sarà risarcibile equitativamente, alla luce di tutte le circostanze del caso, come possibilità perduta - se provato il nesso causale, secondo gli ordinari criteri civilistici tra la condotta e l'evento incerto (la possibilità perduta) - ove risultino comprovate conseguenze pregiudizievoli (ripercussioni sulla sfera non patrimoniale del paziente) che presentino la necessaria dimensione di apprezzabilità, serietà, consistenza».
Nella fattispecie concreta, sottoposta al vaglio della Suprema Corte, non emerge alcun danno da perdita di chance. Infatti, «la possibilità della paziente di sopravvivere alla situazione ingravescente, anche se fosse stata curata con assistenza di specialisti diversi e differenti apparecchiature, tenuto pure conto delle sue condizioni generali assolutamente scadute ben prima che si verificassero i ritardi terapeutici» era talmente labile e teorica da non poter essere determinata neppure in termini statistici e scientifici probabilistici e ancor meno, equitativamente quantificata. In altre parole, si trattava di condizioni gravi, ancor prima che si verificassero i ritardi terapeutici. Pertanto, il ricorso viene rigettato, nel caso di specie, infatti, non appare configurabile un danno da perdita di chance non patrimoniale né altri pregiudizi risarcibili.
fonte altalex
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