Cellulari e danni alla salute: i Ministeri dovranno informare sull’uso corretto
Con una storica sentenza (n. 500/2019), il Tar Lazio ha disposto che i ministeri dell’Ambiente, della Salute e dell’Istruzione, Università e Ricerca, dovranno “adottare una campagna informativa rivolta all’intera popolazione” destinata ad individuare “le corrette modalità d’uso degli apparecchi di telefonia mobile (telefoni cellulari e cordless)”, informando “dei rischi per la salute e per l’ambiente connessi ad un uso improprio degli apparecchi”.
Il Tribunale amministrativo regionale ha dunque accolto il ricorso dell'Associazione per la prevenzione e la lotta all' elettrosmog, in quanto i Ministeri non hanno adempiuto ad "informare la popolazione sui danni a breve e lungo termine connessi all’uso dei telefoni mobili".
I ministeri si sono difesi sostenendo che non è stato provato che i cellulari causino il cancro ed in ogni caso, vi è già un foglietto illustrativo contenuto nella confezione dei telefonini. Pertanto, non è necessaria alcuna campagna d’informazione.
Al contrario, il giudice amministrativo non ha ritenuto sufficiente l’informazione contenuta nei “bugiardini” dei cellulari, per cui dovrà partire la campagna sulle corrette modalità d’uso e su “cosa capita quando non si usa correttamente il cellulare”, ovvero sui gravi danni alla salute può causare l’esposizione a campi elettromagnetici. Le informazioni devono riguardare, in particolare, i livelli di esposizione prodotti dall'apparecchio o dal dispositivo, la distanza di utilizzo consigliata per ridurre l'esposizione al campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico e le principali prescrizioni di sicurezza”.
Inoltre, dovrà essere evidenziato «cosa capita quando non si usa correttamente il telefonino», ovvero «che l'esposizione a campi elettromagnetici può causare danni alla salute».
Esprime la sua soddisfazione il Presidente dell’associazione per la lotta all’elettrosmog Laura Masiero, la quale ha dichiarato: “E’ un segnale importante e molto forte che chiedevamo da molto tempo: si tratta di rischi che non possiamo più sottovalutare. Gli studi scientifici stanno progredendo enormemente, abbiamo dei lavori importanti che indicano come ci siano dei rischi. Siamo di fronte a una sperimentazione globale, di massa, ma non ci si rende conto delle conseguenze che ci sono soprattutto per le fasce più deboli, i bambini sono i più a rischio. I cellulari non sono giocattoli, ma una tecnologia che è utile ma che va usata adeguatamente. Vigileremo sulla campagna informativa”.
fonte altalex
T.A.R.
Lazio - Roma
Sezione III Quater
Sentenza 13 novembre 2018 - 15 gennaio 2019, n. 500
Pubblicato il 15/01/2019
N. 00500/2019 REG.PROV.COLL.
N. 08373/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8373 del 2018, proposto da Associazione per la prevenzione e la lotta all'elettrosmog, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Renato Ambrosio, Stefano Bertone, Chiara Ghibaudo, Luigi M. Angeletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Marco De Fazi in Roma, via della Giuliana n. 44;
contro
Ministero della Salute; Ministero dello Sviluppo Economico; Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca; Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
nei confronti
Brondi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Riccardo Prandi, Alessandro Massaia, Gianluca Contaldi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Gianluca Contaldi in Roma, via Pier Luigi da Palestrina n. 63;
per l’accertamento e la declaratoria dell’illegittimità
dell’inerzia serbata dalle Autorità intimate in relazione all'atto di diffida del 28 giugno 2017, formulato dalla ricorrente e diretto a promuovere l’adozione di tutti i provvedimenti finalizzati all'informazione capillare della popolazione, compresa la fascia dei soggetti più a rischio (bambini, adolescenti) sui rischi a breve e lungo termine per la salute dovuti all'uso dei telefoni mobili (cellulari e cordless) e sulle indispensabili misure cautelative da adottare durante il loro utilizzo;
per il conseguente accertamento dell'obbligo di provvedere in capo alle Autorità intimate in relazione al medesimo atto di diffida, mediante l'adozione di ogni idoneo provvedimento espresso, finalizzato ad assicurare alla popolazione idonea informazione sui rischi per la salute dei cittadini, a breve e lungo termine, quali descritti nelle più recenti acquisizioni scientifiche, dovuti all'uso dei telefoni mobili (cellulari e cordless) e sulle indispensabili misure cautelative da adottare durante il loro utilizzo, con particolare riferimento alla fascia dei soggetti più a rischio (bambini, adolescenti);
nonché per l’accertamento
dell'obbligo in capo al Ministero della Salute, e/o al Ministero dell'Ambiente, e/o al Ministero dello Sviluppo Economico (già Ministero dell'Industria) e/o al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, tenendo conto della multiculturalità presente in Italia, di provvedere all'emanazione senza ritardo del decreto di cui all'art. 12 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 "Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici", anche al fine di indicare al pubblico “le informazioni che i fabbricanti di apparecchi e dispositivi, in particolare di uso domestico, individuale o lavorativo, generanti campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sono tenuti a fornire agli utenti, ai lavoratori e alle lavoratrici, mediante apposite etichettature o schede informative”;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Salute, del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e della società Brondi s.p.a.
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 novembre 2018 il dott. Paolo Marotta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Con ricorso notificato in data 30 giugno 2018 e depositato il 13 luglio successivo, l’Associazione ricorrente ha impugnato il silenzio –
inadempimento asseritamente formatosi sulla istanza – diffida del 28 – 30 giugno 2017, diretta all’adozione da parte delle Autorità intimate di tutte le iniziative finalizzate ad informare la popolazione sui danni a breve e lungo termine connessi all’uso dei telefoni mobili (cordless e cellulari).
La parte ricorrente ha formulato anche istanza cautelare.
A fondamento della propria legittimazione ad agire, la ricorrente richiama il proprio Statuto e segnatamente l’art. 6 dello Statuto, che individua quale scopo dell’associazione quello di tutelare la salute degli esseri viventi e dell’ambiente dall’esposizione ai campi magnetici ed elettromagnetici.
Quale fondamento giuridico dell’obbligo di provvedere, la ricorrente richiama le seguenti fonti normative: l’art. 32 della Costituzione; la legge 13 marzo 1958 n. 296; gli artt. 1, 4, 10 e 12 della l. 22 febbraio 2001 n. 36 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici), la direttiva 1999/5/CE; l’art. 2043 c.c.
Si sono costituite le Amministrazioni intimate, eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso sotto diversi profili e contestando, nel merito, la fondatezza delle doglianze formulate dalla parte ricorrente.
Si è costituita in giudizio anche la società Brondi s.p.a., eccependo l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice adito, il difetto di legittimazione della ricorrente, l’insussistenza dell’obbligo di provvedere, il difetto di integrità del contraddittorio, il difetto dei presupposti per la concessione della misura cautelare.
Con memoria depositata in data 13 ottobre 2018 la ricorrente, pur riconoscendo l’inammissibilità del rito del silenzio nei confronti degli atti di natura normativa, si è soffermata a considerare la mancata attuazione della campagna di informazione e di educazione ambientale, di cui all’art. 10 della l.
n. 36/2001.
Nel corso del giudizio le parti costituite hanno avuto modo di rappresentare compiutamente le rispettive tesi difensive.
All’udienza camerale del 13 novembre 2018, su richiesta delle parti, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Preliminarmente, in accoglimento della eccezione sollevata dalle Amministrazioni resistenti, deve essere dichiarata l’inammissibilità parziale del ricorso, per difetto assoluto di giurisdizione, in ordine al mancato esercizio da parte delle Amministrazioni intimate di poteri di natura normativa.
In prima istanza, infatti, l’Associazione ricorrente si duole dell’inerzia delle Amministrazioni intimate rispetto alla attuazione dell’art. 12, comma 1, della l.
n. 36/2001, a norma della quale: “1. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità, previo parere del Comitato e sentite le competenti Commissioni parlamentari, sono stabilite, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tenendo conto anche degli orientamenti e degli atti dell'Unione europea in materia di inquinamento elettromagnetico, tutela dei consumatori e istruzioni per l'uso dei prodotti, le informazioni che i fabbricanti di apparecchi e dispositivi, in particolare di uso domestico, individuale o lavorativo, generanti campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sono tenuti a fornire agli utenti, ai lavoratori e alle lavoratrici, mediante apposite etichettature o schede informative. Le informazioni devono riguardare, in particolare, i livelli di esposizione prodotti dall'apparecchio o dal dispositivo, la distanza di utilizzo consigliata per ridurre l'esposizione al campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico e le principali prescrizioni di sicurezza. Con lo stesso decreto sono individuate le tipologie di apparecchi e dispositivi per i quali non vi è emissione di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, o per i quali tali emissioni sono da ritenersi cosi basse da non richiedere alcuna precauzione”.
Orbene, risulta non controverso tra le parti che questa disposizione normativa non ha ancora trovato attuazione. Sennonché il rito del silenzio –
inadempimento non può essere utilizzato per costringere le Amministrazioni intimate alla adozione del decreto ministeriale, cui fa riferimento la disposizione normativa sopra richiamata, costituendo esso un atto di natura normativa (più precisamente, regolamentare).
Per pacifica giurisprudenza infatti, è esclusa, ai sensi dell’art. 7, co. 1, ultimo periodo, c.p.a., la possibilità di sindacare, con lo speciale rito del silenzio, la mancata adozione, da parte degli organi titolari del relativo potere, di atti normativi (leggi, atti aventi forza di legge, regolamenti), venendo in rilievo ambiti nei quali l'Amministrazione esprime scelte di natura politica (Consiglio di Stato, sez. V, 22 gennaio 2015 n. 273).
Ne consegue che la domanda formulata dalla odierna ricorrente deve essere considerata in parte qua inammissibile, per difetto assoluto di giurisdizione, dovendo ritenersi che la mancata adozione del decreto ministeriale, di cui all’art. 12 della l. n. 36/2001, assuma rilevanza solo sul piano della responsabilità politica degli organi di governo e, comunque, non sia coercibile sul piano giuridico con il ricorso al rito del silenzio – inadempimento.
Sempre in via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per difetto di legittimazione attiva dell’Associazione ricorrente, sollevata dalle Amministrazioni resistenti. Queste ultime sostengono che, non figurando tra le Associazioni di protezione ambientale individuate con decreto del Ministro dell’Ambiente di cui all’art. 13 della l. n. 349/1986, l’Associazione ricorrente sarebbe priva di legittimazione ad agire.
L’eccezione è infondata.
Ritiene il Collegio di aderire a quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’esplicita legittimazione, ai sensi degli artt. 13 e 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, delle Associazioni ambientalistiche di dimensione nazionale e ultraregionale all'azione giudiziale non esclude, di per sé sola, analoga legittimazione ad agire in un ambito territoriale ben circoscritto, e ciò anche per i comitati che si costituiscono al precipuo scopo di proteggere l'ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su tale circoscritto territorio. Le previsioni normative citate hanno introdotto un criterio di legittimazione "legale" "aggiuntivo", e non "sostitutivo", rispetto ai criteri elaborati precedentemente dalla giurisprudenza per l'azionabilità in giudizio dei c.d. “interessi diffusi”. Ne consegue che il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, la legittimazione a impugnare atti amministrativi a tutela dell'ambiente a favore di associazioni locali (indipendentemente dalla loro natura giuridica), purché le stesse a) perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, b) abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e c) svolgano la propria attività in un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso (Consiglio di Stato, sez. V, 17 ottobre 2012 n. 5295; in senso conforme, Consiglio di Stato, sez. VI, 12 giugno 2015 n. 2894).
Orbene, dagli atti depositati in giudizio emerge che:
- l’Associazione ricorrente è stata costituita ai sensi della l. 7 dicembre 2000 n. 383;
- lo Statuto dell’Associazione stabilisce, all’art. 5, che la durata dell’Associazione è illimitata, e all’art. 6, che lo scopo principale dell’Associazione medesima è quello di “promuovere, attraverso l’azione dei suoi Soci, la tutela della salute e della integrità degli esseri viventi e dell’ambiente dall’esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, statici o variabili, generati artificialmente e da tutte le forme di inquinamento chimico, fisico, radioattivo e biologico”;
- l’ambito di operatività dell’Associazione è individuato nel territorio della Regione Veneto (art. 7 dello Statuto).
Ritiene conseguentemente il Collegio che conformemente all’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato non vi siano ragioni per denegare alla Associazione ricorrente la legittimazione ad agire per la tutela della salute e dell’ambiente dall’inquinamento elettromagnetico indotto dall’uso dei telefoni mobili (cellulari e cordless).
Il Collegio non ravvisa poi la necessità di disporre l’integrazione del contraddittorio, sulla base della eccezione sollevata dalla società Brondi s.p.a., non venendo in rilievo rispetto alla fattispecie dedotta in giudizio controinteressati in senso tecnico.
Nel merito, il Collegio rileva che, facendo seguito ad altre precedenti istanze, l’Associazione ricorrente, con istanza del 28 giugno 2017, ha diffidato il Ministero della Salute, il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dello Sviluppo Economico ad adottare i seguenti atti:
a) ad emanare il decreto di cui all’art. 12 della l. n. 36/2001;
b) ad eseguire una campagna informativa rivolta alla intera popolazione, avente ad oggetto la indicazione delle modalità d’uso e dei rischi per la salute e per l’ambiente connessi all’uso di telefoni cellulari e cordless.
Con il ricorso in esame, dopo essersi lungamente soffermata sui rischi per la salute e per l’ambiente derivanti da un uso improprio degli apparecchi di telefonia mobile soprattutto per gli utenti più giovani di età, sulla base delle ultime ricerche scientifiche, l’Associazione ricorrente ha chiesto l’annullamento del silenzio – inadempimento formatosi per effetto dell’inerzia delle Amministrazioni intimate e che venga accertato l’obbligo delle predette Amministrazioni di provvedere, entro un determinato termine.
Orbene, come sopra evidenziato, la domanda (processuale) dell’Associazione ricorrente diretta ad ottenere l’emanazione del decreto ministeriale di cui all’art. 12 della l. n. 36/2001, è inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione, venendo in rilievo il mancato esercizio di poteri di natura normativa.
Rimane invece da scrutinare la fondatezza della domanda formulata dalla ricorrente con riferimento al mancato avvio da parte dei Ministeri competenti ratione materiae di una campagna informativa rivolta alla intera popolazione, avente ad oggetto l’indicazione delle modalità d’uso e dei rischi per la salute e per l’ambiente connessi all’uso degli apparecchi di telefonia mobile (telefoni cellulari e cordless).
L’Associazione ricorrente individua il fondamento giuridico della predetta richiesta nell’art. 10 della l. n. 36/2001, a norma del quale: “Il Ministro dell’ambiente, di concerto con i Ministri della sanità (ora Ministro della salute, n.d.r.), dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e della pubblica istruzione (ora Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, n.d.r.), promuove lo svolgimento di campagne di informazione e di educazione ambientale ai sensi della legge 8 luglio 1986 n. 349”.
Nel corso del giudizio, l’Associazione ricorrente ha prodotto alcuni documenti tratti dalla letteratura scientifica, dai quali emerge che l’utilizzazione inadeguata dei telefoni cellulari o cordless, comportando l’esposizione di parti sensibili del corpo umano ai campi elettromagnetici, può avere effetti nocivi per la salute umana, soprattutto con riguardo ai soggetti più giovani e, quindi, più vulnerabili, potendo incidere negativamente sul loro sviluppo psico – fisico.
Orbene, i rischi per la salute paventati dall’Associazione ricorrente non sono stati efficacemente contestati dalle Amministrazioni resistenti, che si sono limitate ad invocare l’inammissibilità anche di questa seconda richiesta.
A tale riguardo, ritiene il Collegio che le campagne informative e di educazione ambientale di cui all’art. 10 della l. n. 36/2001 non possano essere sussunte nella categoria degli atti meramente materiali, come sostenuto dalle Amministrazioni resistenti, ma debbano essere ascritte al genus degli atti amministrativi generali, in quanto sono rivolte ad una pluralità indefinita di soggetti, trovano il fondamento giuridico in norme di rango legislativo, presuppongono lo svolgimento di un’attività istruttoria finalizzata alla individuazione dei rischi connessi all’esposizione del corpo umano ai campi elettromagnetici e alla individuazione delle precauzioni da adottare (sia da parte degli utenti che dei produttori dei predetti apparecchi) per limitarne gli effetti potenzialmente nocivi per la salute e hanno lo scopo di sensibilizzare gli utenti in merito ad un uso più consapevole degli apparecchi di telefonia mobile, al fine di salvaguardare il diritto alla salute che è un diritto costituzionalmente tutelato (art. 32 della Costituzione).
Dagli atti depositati in giudizio risulta che già, con nota prot. n. 0001080 –P del 16 gennaio 2012, il Ministero della Salute, in riscontro ad una precedente richiesta di uno dei procuratori della Associazione ricorrente, evidenziava:
“…. il tema dei possibili rischi per la salute conseguenti all’uso del cellulare è alla costante attenzione del Ministero della Salute, in particolare a seguito della classificazione stabilita dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro nel 2011, di agente possibilmente cancerogeno per l’uomo (categoria 2B) per i campi elettromagnetici in radiofrequenza”.
Nella medesima nota, il Ministero della Salute, ha evidenziato che il Consiglio Superiore di Sanità, nel parere del 15 novembre 2011, tenuto conto della posizione formalmente assunta dall’Istituto Superiore di Sanità, “… ha rilevato che allo stato delle conoscenze scientifiche non è dimostrato alcun nesso di causalità tra esposizione a radiofrequenze e patologie tumorali, rimarcando tuttavia come l’ipotesi di un rapporto causale non possa essere del tutto esclusa in relazione ad un uso molto intenso del telefono cellulare…” e che lo stesso Consiglio Superiore di Sanità “… ha quindi raccomandato di mantenere vivo l’interesse della ricerca e della sorveglianza sul tema, in attesa che le nuove conoscenze risolvano le attuali aree di incertezza, suggerendo nel contempo l’avvio di una campagna d’informazione al pubblico al fine di promuovere e incoraggiare un uso responsabile del telefono, soprattutto in relazione ai bambini che tendono ad essere avvicinati all’uso del telefono cellulare in età sempre più precoce”, precisando infine: “La campagna di informazione è in fase di preparazione e sarà basata sul quadro delle conoscenze desumibili dalle più autorevoli fonti e organismi nazionali e internazionali”.
Nonostante il ragguardevole lasso di tempo intercorso, la preannunciata campagna informativa non risulta essere stata ancora attuata.
Deve conseguentemente essere dichiarato l’obbligo del Ministero dell’Ambiente, del Ministero della Salute e del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ciascuno per il proprio ambito di competenza, di provvedere, in attuazione di quanto disposto dall’art. 10 della l. n. 36/2001, ad adottare una campagna informativa, rivolta alla intera popolazione, avente ad oggetto la individuazione delle corrette modalità d’uso degli apparecchi di telefonia mobile (telefoni cellulari e cordless) e l’informazione dei rischi per la salute e per l’ambiente connessi ad un uso improprio di tali apparecchi.
La predetta campagna di informazione e di educazione ambientale dovrà essere attuata nel termine di sei mesi dalla notifica o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, avvalendosi dei mezzi di comunicazione più idonei ad assicurare una diffusione capillare delle informazioni in essa contenute.
In ragione dell’accoglimento parziale delle domande formulate dall’Associazione ricorrente, ricorrono all’evidenza valide ragioni per disporre l’equa compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:
- dichiara inammissibile, per difetto assoluto di giurisdizione, la domanda di annullamento del silenzio – inadempimento sulla istanza della ricorrente relativa alla emanazione del decreto ministeriale, di cui all’art. 12 della l. n. 36/2001;
- accoglie la domanda di annullamento del silenzio – inadempimento sulla istanza presentata dalla ricorrente, sulla base dell’art. 10 della l. n. 36/2001, e, per l’effetto, dichiara l’obbligo del Ministero dell’Ambiente, del Ministero della Salute e del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ciascuno per il proprio ambito di competenza, di provvedere (nei termini e con le modalità indicate in motivazione) ad adottare una campagna informativa, rivolta alla intera popolazione, avente ad oggetto l’individuazione delle corrette modalità d’uso degli apparecchi di telefonia mobile (telefoni cellulari e cordless) e l’informazione dei rischi per la salute e per l’ambiente connessi ad un uso improprio di tali apparecchi.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 novembre 2018 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Sapone, Presidente
Pierina Biancofiore, Consigliere
Paolo Marotta, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE Paolo Marotta
IL PRESIDENTE Giuseppe Sapone
IL SEGRETARIO