Autovelox in città: per la Cassazione multe possibili solo su strade di scorrimento
Nuova sentenza sugli autovelox in città: per la Cassazione le multe comminate a distanza dal dispositivo elettronico sono valide solo se la strada urbana è di scorrimento. Ovvero dotata (come dispone l’art. 2 del Codice della Strada) di “carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate”. Diversamente le multe elevate in ambito urbano con autovelox fissi sono impugnabili e annullabili, a meno che non vengano contestate immediatamente dalle Forze dell’Ordine. La Corte di Cassazione, con la pronuncia resa il 20 giugno 2019, n. 16622 (testo integrale in calce), è tornata sulla vexata quaestio della liceità delle multe per infrazioni stradali accertate per il tramite di autovelox fissi, cercando ulteriormente di rispondere all'annoso quesito: dove possono essere collocati i dispositivi fissi?
La saga sul posizionamento degli autovelox fissi è principiata da ormai qualche anno, e in plurime occasioni i giudici ermellini hanno ribadito che i rilevatori elettronici di velocità, in ambito urbano, possono essere installati sulle strade che presentano determinate caratteristiche, predeterminate dalla legge. Dall’esame delle molteplici pronunce, avvicendate negli anni, emerge che l’utilizzazione degli autovelox nei centri urbani è consentita solamente attraverso le postazioni mobili e alla presenza di agenti accertatori, mentre le postazioni fisse e automatiche possono considerarsi legittimamente installabili solamente lungo le strade urbane a scorrimento, e previa autorizzazione del Prefetto. Tutto ciò appare ormai pacifico, ma scarsa chiarezza sembra ancora dimorare su i presupposti applicativi: quando una strada può definirsi di scorrimento? quando ricorrono le caratteristiche elencate dal Codice?
In questa occasione i giudici della II sezione civile si sono addentrati tra le righe del Codice della Strada, per chiarire quali vie possono essere qualificate come “urbane di scorrimento”: l’articolo 2 del Codice della Strada, rubricato “Definizione e classificazione delle strade”, elenca infatti le caratteristiche che le stesse devono presentare per essere definite tali. Più in dettaglio, alla lettera “D” viene identificata come “Strada urbana di scorrimento” quella: “strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate; per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate”.
Nella specie posta sotto la lente della Corte, è risultato che il giudice di merito abbia elaborato un concetto di banchina non corrispondente a quello riconducibile alla pocanzi citata previsione codicistica. Secondo il collegio di legittimità, invece, per banchina “deve considerarsi uno spazio all’interno della sede stradale, esterno rispetto alla carreggiata, destinato al passaggio dei pedoni o alla sosta di emergenza”. Consegue che, essendo la banchina pavimentata elemento comune a più categorie di strade, essa, per sua natura, si identifica con uno spazio avente tale precipua attitudine e, dunque, oltre a dover restare libero da ingombri, deve avere una larghezza tale da consentire l’assolvimento effettivo delle predette funzioni, tenuto conto che anche la strada urbana di scorrimento è contraddistinta da un intenso flusso stradale veicolare ininterrotto per lunghi tratti e per la quale si profila, quindi, la stessa necessità di assicurare l’esistenza di fasce laterali in cui poter effettuare una sosta di emergenza o un transito pedonale. Discende, secondo gli stessi giudici, che la banchina appartiene alla struttura della strada e la sua relativa utilizzabilità, anche per sole manovre saltuarie di breve durata, comporta esigenze di sicurezza e prevenzione assimilabili a quelle che valgono per la carreggiata, in quanto anch’essa, in assenza di specifica segnalazione contraria e benché non pavimentata, deve suscitare negli utenti un affidamento di consistenza e sicura transitabilità. Dalla definizione fornita deriva che una banchina di ridottissima larghezza, come quella che insisteva sul viale del Comune interessato, non può considerarsi idonea a svolgere le riportate funzioni né, in generale, rispondente alle caratteristiche imposte dal Codice della Strada, ragion per cui la sua mancata conformazione a tali caratteristiche comporta l’insussistenza di un elemento essenziale per la qualificazione di una strada urbana come “di scorrimento”.
Annullata la pronuncia, il giudice cui è stata rinviata la causa dovrà uniformarsi al principio fornito dalla II Sezione Civile: "il provvedimento prefettizio di individuazione delle strade lungo le quali è possibile installare apparecchiature automatiche per il rilevamento della velocità, senza obbligo di fermo immediato del conducente, previsto dall’art. 4 del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121, può includere soltanto le strade del tipo imposto dalla legge mediante rinvio alla classificazione di cui all’art. 2, commi 2 e 3, c.d.s. 1992, e non altre, dovendo perciò, considerarsi illegittimo - e, pertanto, disapplicabile nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa - il provvedimento prefettizio che abbia autorizzato l’installazione delle suddette apparecchiature in una strada urbana che non abbia tutte le caratteristiche "minime" della "strada urbana di scorrimento", in base alla definizione recata dal comma 2, lett. D), del citato art. 2 c.d.s.".
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fonte altalex