Risarcimento danni per l’eccessiva durata del processo (c.d. “Equa riparazione”)

In Italia la macchina della Giustizia soffre putroppo di una lentezza cronica. Negli ultimi anni si è cercato di arginare l’eccessiva durata dei processi e rendere il sistema più efficiente, ma con scarsi risultati: i processi si protraggono per anni, in particolare quelli civili. Persino la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è ripetutamente pronunciata nei confronti dell’Italia sul mancato rispetto del diritto alla ragionevole durata del processo. Una giustizia troppo lenta, è una giustizia a metà: scoraggia le persone a lottare per i propri diritti e costringe chi si impegna in una causa civile a vivere un’attesa snervante, che può avere gravi ripercussioni dal punto di vista personale e professionale. A tutela dei cittadini interviene però la legge Pinto, che prevede una equa riparazione per eccessiva durata dei processi.

Se la causa si protrae più del necessario a causa di lungaggini processuali e provata inefficienza del sistema giudiziario, le parti coinvolte hanno diritto a una compensazione economica.

La novità introdotta da questa normativa è il concetto di “ragionevole durata del processo”, che viene così dettagliato:

  • 3 anni per il primo grado di giudizio;
  • 2 anni per il secondo grado di giudizio;
  • un anno per il giudizio in Cassazione;
  • 3 anni per il processo di esecuzione;
  • 6 anni per le procedure concorsuali;
  • 4 mesi per il giudizio di equa riparazione ex Legge n. 89/2001.

Tuttavia, un computo preciso va valutato per ogni singolo caso, tenendo presente innanzitutto se si tratta di un processo civile o penale; il limite massimo “ragionevole” per un giudizio definitivo e irrevocabile è fissato in 6 anni.

La domanda per il riconoscimento di un’equa riparazione per l’eccessiva durata del processo va presentata alla Corte d’Appello competente sul territorio entro 6 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce il processo. Va proposta:

  • nei confronti del Ministero della Giustizia, per i procedimenti del giudice ordinario;
  • nei confronti del Ministero della Difesa, per i procedimenti del giudice militare:
  • nei confronti del Ministero delle Finanze, per i procedimenti amministrativi e del giudice tributario.

L’entità della compensazione varia a seconda del tipo di processo e dei danni causati dalle lungaggini processuali.

L’iter dell’equa riparazione, tuttavia, è tutt’altro che in discesa: esistono infatti diverse insidie burocratiche e legali che possono minare il buon esito della richiesta.

 

Suggerimenti e consigli

Prima di procedere all’introduzione del ricorso per equa riparazione è sempre opportuno consultare un legale al fine di valutare se ci sono i margini per ottenere un risarcimento.

In ogni caso è importante attivarsi subito per evitare eventuali decadenze. Con la scadenza dei sei mesi dal momento in cui la decisione è divenuta definitiva, infatti, la parte è considerata decaduta dal diritto di proporre il relativo ricorso.

Per avere ulteriori spiegazioni sulle modalità di calcolo dei termini processuali e per accedere ad utili risorse potrete consultarci attraverso il nostro sito o chiedendo un appuntamento.

Costi di avvio del procedimento

Il procedimento ha spese vive molto ridotte, non essendo soggetto nè a contributo unificato, né ad altre spese di giustizia, ma è necessario corrispondere solo i diritti di cancelleria per il deposito del ricorso e per il rilascio delle copie conformi di atti e verbali del procedimento per cui è causa.

Diversamente, qualora gli atti siano stati redatti e depositati in modalità telematica sarà possibile attestarne la conformità agli originali così come per tutti quelli contenuti nel fascicolo informatico.

I nostri professionisti sono disponibili sia per effettuare valutazioni preventive sull’opportunità di instaurare giudizi di equa riparazione, che per seguire i giudizi stessi su tutto il territorio nazionale.

Non richiediamo all’atto del conferimento dell’incarico alcun esborso di denaro ai nostri clienti.

 

 

 

 

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