Con la sentenza in commento, il Tribunale di Roma ha dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo con domanda riconvenzionale notificata tardivamente dalla società di persone ingiunta, nonché dal socio illimitatamente responsabile di quest’ultima e da quelli receduti pure parimenti ingiunti.
In particolare, da parte opponente è stata chiesta l’estromissione dei soci illimitatamente responsabili receduti ingiunti proprio in ragione del recesso anteriore all’ingiunzione.
Del pari, è stata domandata la revoca del decreto ingiuntivo e, in via riconvenzionale, la risoluzione giudiziale del rapporto negoziale sulla scorta del quale erano state emesse dal creditore opposto le fatture rimaste e poste a fondamento dell’azione monitoria.
A tale ultimo riguardo, è stata assunta la colpa del creditore opposto ed è stato domandato il risarcimento dei pretesi danni subiti per effetto dell’inadempimento. Il creditore opposto ha resistito all’opposizione eccependo, fra l’altro, la tardività della stessa e, con essa, della domanda riconvenzionale.
La causa è stata trattata ed istruita con specifico riguardo proprio alla dedotta eccezione di tardività.
Nell’accogliere quest’ultima, il Giudice ha affrontato e risolto tre distinte questioni:
1) la tardività e l’inammissibilità dell’opposizione rispetto ad una prima notificazione del decreto ingiuntivo richiesta nei confronti della società di persone ingiunta e presso l’indirizzo PEC di quest’ultima, nonostante la successiva notificazione del medesimo provvedimento monitorio a mezzo UNEP preso la sede legale della società di persone ingiunta e presso le residenze degli altri ingiunti;
2) la conseguente irrevocabilità del decreto ingiuntivo opposto anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, in carico e receduti, ingiunti unitamente alla società di persone;
3) la pure conseguente inammissibilità della domanda riconvenzionale tanto con riguardo alla società di persone ingiunte, quanto con riguardo a quella dei soci illimitatamente responsabili, in carico e receduti, ingiunti unitamente alla società di persone.
1) La tardività dell’opposizione rispetto alla doppia notificazione del decreto ingiuntivo
Con riguardo alla prima questione, il Tribunale di Roma ha ritenuto che la tardività dell’opposizione rispetto ad una prima notificazione a mezzo PEC del provvedimento monitorio opposto non può essere emendata dalla successiva notificazione del medesimo decreto ingiuntivo a mezzo UNEP rispetto alla quale l’opposizione sarebbe stata eventualmente tempestiva.
Né, ai fini del rispetto del termine di cui all’art. 641 c.p.c., rileva l’eventuale vincolo di solidarietà fra la società di persone ingiunta ed i soci illimitatamente responsabili, attuali e receduti, parimenti ingiunti.
Il Giudice dell’opposizione si è così posto in termini di coerenza e continuità rispetto all’insegnamento consolidato della giurisprudenza di merito e legittimità (per un verso: App. Firenze, 14.10.1997, n. 1643; Trib. Modena, 13.4.2010, n. 637 e precedenti ivi citati: Cass., n. 3009/1976, Cass., n. 8593/1993, Cass., n. 11867/2008; per l’altro verso: Cass., n. 15376/2016).
Dalla dedotta tardività consegue l’inammissibilità dell’opposizione e la irrevocabilità del decreto ingiuntivo (Trib. Torino, 16.3.2017, n. 1938; Trib. Bari, 19.3.2014, n. 1437; Trib. Milano, 25.6.2009, n. 8280; Cass. nn. 2707/1990 e 1375/1980).
L’irrevocabilità del provvedimento monitorio copre non soltanto l’esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso è oggetto e del titolo sul quale credito e rapporto si fondano, ma anche l’inesistenza di fatti modificativi, impeditivi ed estintivi del rapporto e del credito anteriori al ricorso per ingiunzione e non dedotti nell’opposizione (Cass., n. 11360/2010).
2) La irrevocabilità anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili del decreto ingiuntivo tardivamente opposto dalla società di persone ingiunta
Con riguardo alla seconda questione, accertata la predetta tardività e la conseguente inammissibilità dell’opposizione della società di persone ingiunta, nei confronti della quale il decreto ingiuntivo opposto è così divenuto irrevocabile, è stata ritenuta la pari irrevocabilità della medesima ingiunzione anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, attuali e receduti, parimenti ingiunti, nonostante la relativa tempestività della loro opposizione rispetto alla notificazione del provvedimento monitorio.
In effetti, quest’ultimo, allor quando i soci illimitatamente responsabili, attuali e receduti, ingiunti hanno proposto opposizione, risultava essere divenuto già irrevocabile in quanto non tempestivamente opposto dalla società di persone.
E ciò proprio per effetto della solidarietà che consegue dalla loro responsabilità illimitata e della imperfetta personalità giuridica della società di persone, in piena coerenza con quanto previsto dall’art. 477 c.p.c.: “la sentenza di condanna pronunciata in un processo tra il creditore della società ed una società di persone costituisce titolo esecutivo anche contro il socio illimitatamente responsabile, in quanto dall'esistenza dell'obbligazione sociale deriva necessariamente la responsabilità del socio e quindi ricorre una situazione non diversa da quella che, secondo l'art. 477 c.p.c., consente di porre in esecuzione il titolo in confronto di soggetti diversi dalla persona contro cui è stato formato” (Cass. n. 30441/2017; Cass., n. 1040/2009; Cass., n. 613/2003).
3) Le sorti della domanda riconvezionale rivolta nei confronti del creditore opposto dalla società di persone e dai soci illimitatamente responsabili in carica e receduti
Con riguardo alla terza questione, il Tribunale di Roma ha ritenuto che il caso di specie costituisse eccezione al principio generale per il quale l’inammissibilità o la improponibilità dell’opposizione non impedisce alla medesima di produrre gli effetti di un ordinario atto di citazione per le ulteriori istanze che essa contenga, autonome e distinte rispetto alla domanda di revoca del decreto ingiuntivo opposto (Cass., n. 9442/2010).
Il carattere eccezionale della fattispecie è stato declinato diversamente per quanto concerne la posizione della società di persone ingiunta, da un lato, e quella dei soci illimitatamente responsabili, attuali e receduti, parimenti ingiunti.
Per l’una, atteso anche quanto sopra ritenuto (Cass., n. 11360/2010), è stato escluso qualsivoglia carattere di autonomia della domanda riconvenzionale di risoluzione giudiziale per inadempimento rispetto a quella avente ad oggetto la revoca del decreto ingiuntivo opposto.
E ciò in quanto entrambe le proposizioni hanno in comune il medesimo titolo giuridico: la riconvenzionale della società di persone opponente non può essere ritenuta in alcun modo quale questione autonoma ed indipendente rispetto al petitum (mediato) ed alla causa petendi sottesi alla pretesa creditoria dell’opposto.
Per gli altri, è stato dichiarato il difetto di legittimazione attiva in capo ai soci illimitatamente responsabili, attuali e receduti, ad agire in via autonoma per far valere i pretesi interessi della società di persone.
È risultata dirimente la soggettività giuridica della società di persone che, seppur priva di personalità giuridica, costituisce un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni giuridiche dotato di autonomia e capacità sostanziale e processuale (Cass., n. 26744/2006).
I soci illimitatamensocietà te responsabili, seppur tenuti all’obbligazione sociale, non hanno certamente titolo, né interesse per agire, tanto in via autonoma, quanto in via riconvenzionale, nei confronti della società opposta per far valere le pretesa responsabilità contrattuale di quest’ultima.
Una legittimazione di tal fatta non potrebbe che spettare, in teoria, alla sola società di persone quale autonomo centro di imputazione di interessi senz’altro munito di soggettività giuridica distinta rispetto a quella dei propri soci illimitatamente responsabili.
Il socio accomandatario non è, solo in quanto tale, imprenditore commerciale atteso che siffatta qualità non può derivargli dalla responsabilità solidale e illimitata, che è inerente alla sua qualità di socio e alla quale fa riscontro, caratterizzando l’autonomia del patrimonio sociale, destinato a coprire le passività sociali, il beneficio dell’escussione, ove questo sia insufficiente a soddisfarle (Cass., n. 2400/1971: nella specie, è stato ritenuto che il socio accomandatario deve considerarsi estraneo al rapporto assicurativo contro gli infortuni sul lavoro dei dipendenti della società, agli effetti del diritto di rivalsa spettante all’istituto assicuratore).
Analogamente, è stata esclusa la legittimazione dei singoli soci della società di persone (nella specie, società in accomandita semplice) ad agire in proprio per gli interessi della società stessa (Cass., n. 10427/2002).
Qualora vengano posti in essere atti in danno di una società di persone, la legittimazione ad agire per il risarcimento dei danni spetta esclusivamente alla società e non al singolo socio, attesa l’autonomia patrimoniale della società, costituente entità distinta dai soci, con un proprio patrimonio e con una propria capacità di agire a tutela del medesimo, a mezzo dei legali rappresentanti (Cons. St., n. 4353/2015).
E ciò pure in quanto “anche alle società di persone, nonostante la loro non perfetta autonomia patrimoniale - in relazione alle previsioni degli art. 2267, 2268 e 2304 c.c. in materia di responsabilità personale dei soci per le obbligazioni sociali - va riconosciuta la soggettività giuridica e quindi la titolarità di situazioni giuridiche distinte da quelle facenti capo alle persone fisiche dei soci singolarmente o cumulativamente considerati (Cass., n. 7228/1996).
Specularmente, sul piano processuale, è inammissibile l’azione promossa dal singolo socio illimitatamente responsabile della società di persona: la precipua capacità processuale di quest’ultima induce a ritenere la domanda del primo formulata da un soggetto privo di legittimazione per quel giudizio (Cass., nn. 13438/2003 e 7886/2006).
Significativa è la recente pronuncia della S.C. ove si afferma che “l'interesse del socio al potenziamento ed alla conservazione del patrimonio dell'ente è tutelabile esclusivamente con strumenti interni, ivi compresa la possibilità di insorgere contro le deliberazioni invalide, ma non implica la legittimazione a denunciare in giudizio atti esterni, ed in particolare ad impugnare i negozi giuridici stipulati dalla società al socio accomandatario spetta il diritto di tutelare la partecipazione alla società mentre la tutela del patrimonio sociale spetta alla società che, quindi, dovrà attivarsi per tutelarsi da e contro i terzi.” (Cass., n. 17691/2016).