Il coerede, il quale abbia apportato miglioramenti al bene ereditario da lui posseduto, non può invocare la disciplina dell'art. 1150 c.c., la quale attribuisce al terzo possessore di buona fede una indennità pari all'aumento di valore della cosa per effetto dei miglioramenti. Quale mandatario o utile gestore degli altri compartecipi alla comunione ereditaria, ha unicamente il diritto di essere rimborsato delle spese fatte per la cosa comune, dal momento che lo stato di indivisione riconduce all'intera massa i miglioramenti apportati dal coerede.
Ne consegue che al momento dell'attribuzione delle quote l'apporto si ripartisce, insieme con le spese, tra i vari condividenti, secondo il principio nominalistico.
Nel giudizio di divisione ereditaria di un bene riscontrato non divisibile, si legge nel provvedimento, le migliorie apportate da uno dei condividenti vengono a far parte dello stesso per il principio dell'accessione, con la conseguenza che di esse deve tenersi conto ai fini della stima del bene medesimo, nonché della determinazione delle quote e della liquidazione dei conguagli.