Con la sentenza n. 27380/22 la Corte di Cassazione, ha affrontato il tema dei criteri di liquidazione e quantificazione del danno biologico. In particolare la corte risponde al quesito se le conseguenze anatomo-fisiologiche della lesione della salute debbano essere tenute in considerazione nella determinazione del grado percentuale di invalidità permanente o della personalizzazione del risarcimento.
Il danno biologico è la lesione della integrità psico-fisica subita da una persona, comprensiva delle alterazioni fisio-psichiche, temporanee o permanenti, e della loro incidenza sullo svolgimento delle funzioni della vita e sugli aspetti personali dinamico-relazionali. Esso va accertato con criteri medico-legali e valutato in punti percentuali in base ad un accreditato "barème" medico-legale in cui il valore monetario del punto di invalidità permanente cresce proporzionalmente al crescere della percentuale di invalidità. "Ai fini della liquidazione complessiva del danno non patrimoniale, deve tenersi conto altresì delle sofferenze morali soggettive, eventualmente patite dalla vittime nei vari periodi". Ai fini della sua unitaria liquidazione, devono formare oggetto di autonoma valutazione il pregiudizio da invalidità temporanea, e quello da invalidità permanente (con decorrenza dal momento della cessazione della malattia e della relativa stabilizzazione dei postumi).
I barèmes sono tabelle che esprimono in termini percentuali livelli di disfunzionalità rispetto alla sfera quotidiana di attività dell'essere umano. Alcuni di essi sono di origine normativa, ma per lo più sono stati elaborati da studiosi della medicina legale.
Il fatto
Una donna viene investita da un'autovettura e a seguito del quale viene instaurato un procedimento giudiziale inizialmente dalla vittima e dopo il suo decesso, viene proseguito dai suoi eredi, per ottenere il riconoscimento e la conseguente liquidazione di tutti i danni, patrimoniali e non. La donna (poi deceduta in corso di causa per altre ragioni) oltre a un lungo ricovero aveva riportato postumi permanenti. In particolar modo gli esiti dell' incidente, definito "molto complesso", avevano comportato la perdita della capacità di stare in piedi e di camminare. In primo grado gli attori vedevano rigettata la propria domanda; tale pronuncia veniva da essi impugnata, innanzi alla corte d'appello, che riformava la sentenza di primo grado, accogliendo parzialmente le richieste risarcitorie degli attori, ma liquidandole sulla scorta di una valutazione parziale del danno biologico, operata in primo grado dal CTU.
Avverso la sentenza di secondo grado gli eredi del pedone investito proponevano ricorso, innanzi alla Corte di Cassazione.
Il principio di diritto, richiamato dalla Corte, afferma che il danno biologico è la lesione dell'integrità psico-fisica subita da una persona, comprensiva delle alterazioni psico-fisiche, temporanee o permanenti e della loro incidenza sullo svolgimento delle funzioni della vita e sugli aspetti dinamico-relazionali. Esso viene accertato mediante criteri medico-legali e valutato in punti percentuali di invalidità permanente, il cui valore monetario cresce proporzionalmente al crescere della percentuale d'invalidità. Al fine della liquidazione unitaria del danno biologico, il danno da invalidità permanente e quello da invalidità temporanea, ovvero l'inabilità temporanea totale o parziale, devono essere oggetto di autonoma valutazione. La liquidazione complessiva del danno non patrimoniale, invece, dev'essere effettuata tenendo conto delle sofferenze morali soggettive, patite dalla vittima del sinistro.
La componente dinamico-relazionale del danno biologico deve essere valutata autonomamente, dal punto di vista medico ed essere inglobata all'interno del danno biologico e non può essere appiattita all'interno della liquidazione del danno morale, inteso come dolore e sofferenza psicologica scaturenti dalla lesione subita.
Il danno morale soggettivo, dal canto suo, dev'essere oggetto di un'autonoma valutazione e liquidazione, poiché ontologicamente differente dal danno biologico e non suscettibile di accertamento medico-legale, dato che la sofferenza interiore del danneggiato non può incidere soltanto sulla personalizzazione del danno biologico (sentenze n. 27482/2018, 7126/2021 e 9006/2022).
SCARICA LA SENTENZA ⇒Corte di Cassazione sentenza n. 27380, depositata il 19 settembre 2022⇐
In sostanza, con questa interessante decisione la Suprema corte si pone il seguente quesito: "Se le conseguenze anatomo-fisiologiche della lesione della salute costituiscano fattori di cui tenere conto nella determinazione del grado percentuale di invalidità permanente, o della personalizzazione del risarcimento". La distinzione rileva non solo sotto il profilo teorico, ma nelle sue ricadute pratiche, perché:
- il grado di invalidità permanente si determina in base ai barémes, mentre la personalizzazione si effettua in via equitativa;
- l'individuazione del grado di invalidità permanente è di competenza del medico legale, la personalizzazione è di competenza del giudice;
- il valore monetario del punto di invalidità permanente cresce proporzionalmente al crescere della percentuale di invalidità, mentre la personalizzazione non è governata da un criterio progressivo di proporzionalità con la gravità della lesione.
Riepilogando, conclude la Cassazione, gli errori di diritto commessi dalla Corte d'appello consistono: nell'aver scisso la componente cosiddetta statica del danno alla persona dalla sua componente dinamico-relazionale, ritenendo che quest'ultima possa essere apprezzata solo sotto un profilo di personalizzazione del danno; e nell'aver identificato la liquidazione della componente del danno morale all'interno della più ampia categoria del danno non patrimoniale alla salute, con la personalizzazione del danno biologico.
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