A giudizio del Tribunale di Venezia, sezione II civile, sentenza 3/12/2021, n. 2286 , stando alle norme dettate in materia di protezione dei dati personali, certamente no. Non è lecito. La vicenda sottoposta all'esame del Tribunale di Venezia riguarda la registrazione di una riunione di lavoro per la risoluzione di alcune difficoltà organizzative interne all'azienda, eseguita di nascosto da un lavoratore, e poi messa a disposizione di alcuni colleghi che non avevano preso parte alla riunione, e che, a distanza di due anni, l'avrebbero prodotta nelle rispettive cause di lavoro contro l'azienda.
IL FATTO
Con sentenza n. 2286 del 3 dicembre 2021, il Tribunale di Venezia, Sez. II Civile, si è pronunciato in merito alla legittimità della produzione in giudizio a scopi probatori di una registrazione audio effettuata da un soggetto terzo. Nello specifico, due delle tre parti convenute nel processo dinanzi al Tribunale di Venezia, avevano prodotto – nelle rispettive cause di lavoro contro il loro (medesimo) datore – la registrazione dell’audio di una riunione di lavoro, tenutasi due anni prima, in loro assenza ed effettuata da un collega.
SENTENZA
La registrazione di una conversazione costituisce senz’altro un trattamento di dati personali con conseguente applicazione del Reg. UE n. 2016/679 (il c.d. GDPR).
La pronuncia del Tribunale di Venezia (n. 2286 del 2 dicembre 2021) ha reputato illecita la condotta tenuta da due lavoratori che avevano registrato una conversazione tra colleghi perché posta in violazione dei principi che sono alla base della materia.
Innanzi tutto, va richiamato l’art. 5 del GDPR il quale dispone che “I dati personali sono: (...) b) raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità”.
Inoltre la registrazione - per essere considerata lecita - deve essere eseguita “per tutelare la propria posizione all'interno dell'azienda” nonché “per precostituirsi un mezzo di prova”, e a patto che sia “pertinente alla tesi difensiva e non eccedente le sue finalità”
In sintesi, si legge nella sentenza, “il trattamento di dati personali per finalità di accertamento e/o esercizio di un diritto (anche in una fase pre - contenziosa) è espressione del legittimo interesse del titolare del trattamento, e, pertanto, in caso di insussistenza di detto interesse, il trattamento deve ritenersi illecito per mancanza di una delle sue basi giuridiche (art. 6, comma 1, lett. f) del Reg. UE 2016/679); ogni qualvolta il titolare del trattamento opponga all'interessato lo svolgimento di attività difensive a giustificazione di un dato trattamento di dati personali, quest'ultimo deve in ogni caso dimostrare la sussistenza di un contesto litigioso c/o la parvenza di un pregiudizio subito che lo avrebbero in ipotesi portato ad intraprendere trattamenti di dati personali riguardanti l'interessato, e ciò al preteso fine di chiedere la tutela i propri diritti (anche in una fase di pre - contenzioso)”.
Quindi, nel caso appena richiamato, secondo il Giudice del tribunale di Venezia, non sussisterebbe nessuno di tali requisiti.
Nello specifico, la registrazione:
Pertanto, secondo il Tribunale di Venezia, i principi previsti dall’art. 5 GDPR sarebbero stati violati, essendosi posta la condotta dei convenuti in giudizio all’esterno del perimetro della liceità, sia in relazione alla mancanza di un’esigenza difensiva degli stessi, “sia con riferimento al difetto di pertinenza, sul piano temporale, dei tempi di conservazione dei dati a quanto strettamente necessario alla propria difesa”.
All’accertamento dell’illiceità dei trattamenti dei dati ha fatto seguito l’ordine di cancellazione e/o distruzione del file audio contenente la registrazione della riunione e l’irrogazione della sanzione pecuniaria ex art. 58, co. 2, lett. i) e art. 83 GDPR, nella misura di € 5.000,00da rimborsare ai ricorrenti.
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