Lockdown e contratti dei collaboratori sportivi.

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Lockdown e contratti dei collaboratori sportivi.

In quali casi è legittima la risoluzione del contratto o la rimodulazione dei compensi dei collaboratori sportivi per effetto dell’emergenza sanitaria da coronavirus?

La lotta al CoronaVirus ha imposto importanti cambiamenti anche allo sport italiano.

Nonostante la chiusura degli impianti sportivi e la sospensione, per effetto della normativa statale o per decisione degli organismi sportivi, degli eventi agonistici, è stato possibile continuare a svolgere attività sportiva nel proprio domicilio e, con limiti più o meno stringenti, all’aperto.

Questa modalità inusuale, ma di crescente diffusione, di svolgimento della pratica sportiva impone una riflessione sui contratti di collaborazione sportiva stipulati ai sensi dell’art. 2222 c.c. e dell’art. 67 comma 1 lett m. T.U.I.R., con i quali sono impiegati gran parte dei 120.000 lavoratori dello sport stimati da Eurostat in Italia, alle dipendenze di società ed associazioni sportive, Federazioni ed enti di promozione sportiva.

Per tali contratti, il blocco delle attività sportive potrebbe costituire una ipotesi di temporanea impossibilità della prestazione tale da giustificare una riduzione del corrispettivo dovuto ai sensi dell’art. 1464 c.c. o ad una risoluzione degli stessi contratti per eccessiva onerosità ai sensi dell’art. 1467 c.c.

Ogni considerazione in merito richiede, inevitabilmente, una analisi delle prestazioni inserite nell’oggetto dei contratti sottoscritti dai collaboratori sportivi, nonché della evoluzione che hanno subito tali prestazioni successivamente all’emergenza sanitaria, alcune delle quali, laddove strettamente vincolate ad una presenza presso gli impianti sportivi o se richiedenti contatti interpersonali, sono di fatto divenute ineseguibili.

È questo il caso, ad esempio, degli istruttori sportivi di base, dei responsabili di sala attrezzi, degli assistenti ai bagnanti, dei supervisori dei campi sportivi, degli assistenti amministrativi o dei fisioterapisti e dello staff sanitario in generale.

Per queste professionalità, per le quali è impossibile lo svolgimento di una prestazione a distanza, in caso di mancata erogazione della prestazione a causa dell’emergenza sanitaria, sussistono concreti presupposti per la parte datoriale di richiedere ed ottenere il riequilibrio del sinallagma contrattuale attraverso la riduzione o la non corresponsione dei compensi pattuiti per lo svolgimento di tali attività.

Per altre professionalità, invece, il distanziamento sociale ha favorito lo svolgimento di sessioni di allenamento in videoconferenza o attraverso l’utilizzo di piattaforme per monitorare a distanza ed in tempo reale la prestazione sportiva.

E’ questo il caso di allenatori, responsabili tecnici, istruttori in genere che continuano a svolgere a distanza e con modalità alternative la propria prestazione. L’utilizzo di queste piattaforme, preesistenti rispetto all’insorgenza dell’epidemia, ha comportato non solo un proliferare di sedute di allenamento on line, ma anche vere e proprie competizioni a distanza, attraverso l’utilizzo di smart devices per discipline quali il podismo, il ciclismo ed il fitness funzionale.

Superando lo stereotipo dell’allenatore a stretto contatto con l’atleta, è innegabile che questi professionisti esercitino comunque la propria prestazione, seppur analizzando dati e prestazioni da un monitor invece che assistendo all’allenamento a bordo pista.

E se l’attività dei responsabili tecnici è allenare e preparare gli atleti al fine di competere ai massimi livelli, il rinvio delle competizioni outdoor non implica l’assenza di allenamenti. È noto, infatti, che le prestazioni di atleti di alto livello si costruiscono in decenni e possono essere compromesse con pochi allenamenti persi o sbagliati. Inoltre, le condizioni attuali, nuove e del tutto imprevedibili, richiedono ad allenatori e preparatori atletici lo studio e l’applicazione di nuove modalità di allenamento, il che comporta, in alcuni casi, una mole maggiore di lavoro.

In questi casi, si ritiene difficile sostenere o eccepire una impossibilità parziale o totale della prestazione richiesta, anche alla luce del d.l. 18 2020 (cd. Decreto Cura Italia) che incentiva massivamente lo svolgimento di prestazioni di lavoro in regime di smart working.

L’utilizzo di piattaforme digitali per la gestione ed il monitoraggio degli allenamenti e la produzione di tutorial, corsi e sedute di allenamento on line, comportano, inoltre, una tracciabilità completa delle prestazioni rese, con l’effetto di rendere difficilmente sostenibile anche in sede giudiziaria l’impossibilità o il mancato svolgimento delle stesse.

Di certo non può far propendere per un diverso orientamento il beneficio di 600 € previsto dall’art. 96 del citato D.L. 18/2020 (decreto cura italia. word) per i collaboratori sportivi.
Tutte le forme assistenzialistiche introdotte dal Cura Italia per i liberi professionisti risultano essere, infatti, misure integrative del reddito ma non sostitutive rispetto allo stesso durante il periodo di lockdown.

fonte altalex


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