Coronavirus: cosa rischia chi non rispetta i divieti?
Dal 9 marzo l’Italia è blindata da stringenti misure destinate al contenimento del coronavirus. Se un individuo esce dalle zone dove si trova, senza rendere l’attestazione prescritta, cosa rischia? E se transitando per l’Italia, rende una dichiarazione falsa? A cosa vanno incontro i gestori degli esercizi commerciali che non fanno rispettare la distanza interpersonale di un metro? Chi sorveglia sul rispetto delle misure?
Sommario
Coronavirus. Misure nazionali e misure destinate alle zone arancioni (DPCM 08 marzo)
In prima battuta, e di fatto solo per poche ore, il DPCM 8 marzo 2020, nella forbice temporale tra la data di emanazione (e contestuale entrata in vigore, come anche pubblicazione in G.U.) ed il 3 aprile 2020 aveva previsto il rafforzamento delle misure già previste in precedenti provvedimenti, estendendole all’intero territorio nazionale (art. 2) e, al contempo, delimitando una nuova area territoriale (zona arancione) per la quale ha dettato misure specifiche (art. 1):
-regione Lombardia
-province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro-Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano Cusio Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia.
Estensione delle misure all’intero territorio nazionale (DPCM 09 marzo)
L’art. 1 del DPCM 9 marzo 2020, ha statuito che “Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 le misure di cui all'art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 sono estese all'intero territorio nazionale”. Grazie al rinvio al precedente DPCM, la validità è fino al 3 aprile.
Rinvio all’art. 650 c.p.
L’articolo 4 del DPCM 8 marzo, al comma II testualmente recita:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale, come previsto dall’art. 3, comma 4, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6”.
Per l’effetto tutti gli “obblighi” contenuti nel provvedimento risultano sanzionati col reato contravvenzionale ex art. 650 c.p., mentre per le numerose “raccomandazioni” ivi contemplate, il medesimo testo non prevede conseguenze.
Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità
Ricompreso nel Libro III (Delle contravvenzioni in particolare), Titolo I, Capo I, Sezione I (Delle contravvenzioni concernenti l’ordine pubblico e la tranquillità pubblica) l’art. 650 statuisce che “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autoritàper ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro”. Ad esempio, i più gravi reati ipotizzabili potrebbero identificarsi in:
Resistenza a un pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), per chi, nel fuggire dalle zone “arginate” dalle forze dell’ordine, resista alle stesse;
Delitti colposi contro la salute pubblica (452 c.p.), che va a punire chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439, attraverso la pena della reclusione, graduata secondo le tre distinte ipotesi ivi contemplate.
Sanzioni per autodichiarazioni mendaci
Nelle zone arancioni, estese a tutta la penisola (in virtù dell’art. 1 del DPCM 9 marzo) è prescritto (art. 1, c. I, lettera “a”) di evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori, come pure all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da:
-comprovate esigenze lavorative,
-situazioni di necessità,
-motivi di salute.
Dette circostanze devono essere attestare attraverso l’autodichiarazione disponibile sul portale istituzionale del Viminale (CLICCA QUI PER SCARICARE IL MODULO). E’ il corpo dello stesso modulo a richiamare le sanzioni per le ipotesi di dichiarazioni mendaci a pubblico ufficiale:
* art. 76 del DPR n. 445/2000, che richiama i reati di falso, anche commessi ai danni di pubblici ufficiali;
* art. 495 c.p. recante “Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri”, prevedendo la pena della reclusione da uno a sei anni.
Coronavirus. La sanzione della “sospensione” dell’attività
Nelle zone denominate in un primo memento (8 marzo) “arancioni” (art. 1, c. I, lettere “n” ed “o”, estese a tutta la penisola dal DPCM 9 marzo), ma che dal 9 marzo coincidono di fatto con tutto il territorio italiano, sono consentite le attività di ristorazione e bar dalle 6.00 alle 18.00, con obbligo, a carico del gestore, di predisporre le condizioni per garantire la possibilità del rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, sanzionando l’eventuale comportamento antigiuridico attraverso la “sospensione dell’attività”. Stessa misura (lettera “o”) viene prevista per le attività commerciali (diverse da quelle di cui alla lettera “n”), per le medie e grandi strutture di vendita, nonché gli esercizi commerciali presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati (“r”), dove è altresì imposta l’ulteriore condizione che il gestore garantisca un accesso ai predetti luoghi con modalità contingentate o comunque idonee a evitare assembramenti di persone, tenuto conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei locali aperti al pubblico. La sanzione in parola era stata contemplata anche per talune misure (art. 2, c. I, lettere “c” ed “e”) valevoli per tutto il territorio nazionale ma che, per l’effetto, dal 9 marzo, sono state sostituite da quelle più stringenti contemplate all’art. 1 del DPCM 8 marzo. Ad ogni buon conto si osserva che la sanzione “sospensione” risulta indeterminata quanto alla forbice temporale, difettando ogni riferimento esplicito, ma pure implicito, non essendo contemplato rinvio alcuno ad ulteriori disposizioni.
Soggetti incaricati al monitoraggio
Il DPCM 8 marzo 2020 incarica i Prefetti territorialmente competenti, cui assegna lo specifico compito di garantire il rispetto dei limiti e delle regole ivi previste, che potranno avvalersi di:
- forze di polizia,
- vigili del fuoco,
- forze armate.
Per quanto concerne il monitoraggio sull’andamento degli isolamenti domiciliari, come pure sulla mappatura e sulla diffusione del coronavirus, il decreto individua gli operatori sanitari.
Sanzioni contemplate nella direttiva del Ministro degli Interni rivolta ai prefetti
Nella finalità di attuare i controlli nelle zone a “contenimento rafforzato” la Direttiva del 9 marzo prevede, tra le altre cose, che:
- la veridicità dell’autodichiarazione (per gli spostamenti) potrà essere verificata anche con successivi controlli;
- la sanzione per chi viola le limitazioni agli spostamenti è quella indicata dal dpcm 8 marzo 2020 (articolo 650 c.p., cioè “Inosservanza di un provvedimento di un’autorità”), salvo che non si possa configurare un’ipotesi più grave;
al fine di fornire al pubblico un’informazione non solo corretta ma quanto più esaustiva possibile, il personale operante provvederà anche a informare gli interessati sulle più gravi conseguenze sul piano penale di un comportamento, anche solamente colposo, non conforme alle previsioni del DPCM 8 marzo, che possono portare a configurare ipotesi di reato.
fonte altalex
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