Omesso mantenimento dei figli minori: è reato procedibile d'ufficio.
Il mancato versamento degli alimenti o dell'assegno di mantenimento ai figli può configurare non soltanto un inadempimento civile ma anche un reato.
Il mancato adempimento dell'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento stabilito dal giudice a favore dei figli economicamente non autonomi, è reato perseguibile d'ufficio a natura permanente, la cui consumazione termina con l'adempimento integrale dell'obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di primo grado, quando dal giudizio emerga espressamente che l'omissione si è protratta anche dopo l'emissione del decreto di citazione a giudizio.
Con la sentenza 4 settembre 2019, n. 37090 (testo in calce) la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dal Procuratore Generale, ha escluso la possibilità di estinzione del reato di mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento a favore dei figli attraverso la remissione di querela ricordando che si tratta di reato procedibile d'ufficio.
Il fatto
La vicenda sottoposta all'esame della Corte si era conclusa con sentenza di prosciolgimento dell'imputato dal reato di cui alla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3 (in relazione alla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies e all'art. 570 c.p.), che gli era stato contestato per essersi sottratto all'obbligo di corrispondere, da aprile a novembre 2017, l'assegno di mantenimento disposto in sede di separazione a favore dei tre figli minori. Il Procuratore Generale aveva interposto ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento della sentenza sull'assunto secondo cui il reato contestato fosse procedibile d'ufficio se commesso in danno di minori, come nel caso di specie.
La normativa
L'art. 3 della legge 8 febbraio 2006, n. 54, in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, stabiliva che, in caso di violazione degli obblighi di natura economica, si applicasse la disposizione penale prevista per il mancato versamento dell’assegno di divorzio (art. 12 sexies, legge 1 dicembre 1970 n. 898), la quale a sua volta rnviava all'art. 570 c.p.
Le due disposizioni sono state abrogate dall'art. 7, D.Lgs. n. 21/2018, nel quadro di un riassetto legislativo della disciplina penale, volto a dare effettività alla auspicata “riserva di codice”, consistente nella traslazione diretta nel Codice Penale di talune norme incriminatrici, già presenti nell’ordinamento, ma disseminate nella normativa complementare.
In tale prospettiva si è collocato l’inserimento nel corpus codicistico dell’art. 570 bis c.p., che, lungi dal tratteggiare una nuova fattispecie criminosa, ha riproposto quanto già disposto precedentemente dall’art. 12 sexies l. n. 898/1970, e dall’art. 3, L. 8 febbraio 2006, n. 54 (in materia di affidamento condiviso dei figli di genitori separati) statuendo che: le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.
Proprio in virtù della sostanziale sovrapponibilità degli elementi costitutivi degli artt. 12 sexies L. n. 898/1970 e 3 L. n. 54/2006 con quelli dell’art. 570 bis c.p., la giurisprudenza ha rilevato la piena continuità tra le fattispecie, ai fini della successione delle leggi penali nel tempo, disciplinata dall’art. 2 c.p. e di conseguenza anche la permanente distinzione del regime di procedibilità delle fattispecie relative, secondo quanto disposto dal secondo comma dell'art. 570 c.p.
La sentenza
La Corte ha condiviso le censure del Procuratore Generale annullando con rinvio l'impugnata sentenza. Ha a riguardo richiamato l'orientamento della giurisprudenza secondo cui la mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento stabilito a favore dei figli economicamente non autonomi sia reato perseguibile d'ufficio a natura permanente, la cui consumazione termina con l'adempimento integrale dell'obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di primo grado, quando dal giudizio emerga espressamente che l'omissione si è protratta anche dopo l'emissione del decreto di citazione a giudizio.
In forza quindi di tale regime di procedibilità, la relativa fattispecie di reato non è estinguibile con la remissione di querela e la correlata accettazione.
fonte altalex
Lo Studio Legale Gaudiello è a vostra completa disposizione, chiunque può rivolgersi per qualsiasi dubbio, chiarimento o problema legale, contando su un’assistenza tempestiva e altamente professionale.
Contattaci attraverso la pagina del sito;
Qualora necessiti di una assistenza legale potrai richiedere e ottenere gratuitamente un preventivo di spesa personalizzato, non impegnativo.
Lo Studio Legale Gaudiello difende e tutela gli interessi e i diritti fondamentali di ogni cliente.